CAPITULO I Il contesto storico 11
1.4. Movimento socialista e tensioni sociali
tipo speculativo che non imprenditoriale. Il primo aspetto, che si mostrerà strettamente legato al secondo, si traduceva in una serie di favoritismi concessi ai gruppi privati come privilegi fiscali, sovvenzioni, commesse statali, prezzi di favore etc.. Ma quella che per i protagonisti della seconda Rivoluzione industriale era stata una condizione iniziale determinante poi superata, in Italia e in Spagna diventò un elemento che caratterizzò il normale svolgimento della vita economica.
Un altro elemento comune della modernizzazione del sistema produttivo fu il disequilibrio risultante tra le zone rurali e quelle urbane. In Italia si verificò un forte dualismo tra il Nord, dove si concentravano le grandi fabbriche soprattutto nel triangolo industriale formato da Milano, Torino, Genova, e il Sud dalla struttura economica preminentemente agricola. Qui il calo delle vendite della fine del secolo, insieme alle misure protezionistiche e al drenaggio di capitali a vantaggio dello sviluppo industriale, pesarono in modo intollerabile. In Spagna, le regioni che conobbero un maggiore progresso furono la Cataluña, il País Vasco e le Asturias (zona di grande sfruttamento minerario), con la forte ascesa di Barcelona, Bilbao, Madrid e Valencia. Una delle conseguenze più rilevanti di tale disuguale distribuzione delle attività economiche fu l’aumento dell’instabilità sociale, provocata da un sempre maggiore impoverimento delle classi contadine costrette ad emigrare verso i poli industriali.
Le nuove dinamiche sociali infatti, considerate da un punto di vista culturale e ideologico, rispondevano al sistema di valori di cui era portatrice tale classe e ciò contribuì a stabilire nuove modalità di gerarchizzazione sociale e di convivenza. La superiorità di un gruppo o del singolo non era più garantita da titoli nobiliari, ma dalla ricchezza e dalle capacità professionali. Va detto inoltre che l’irresistibile ascesa dell’alta borghesia travolse la declinante aristocrazia, ultimo retaggio di un passato ormai irrimediabilmente perduto.
Grazie infine alle prospere attività produttive, commerciali e finanziarie, potette esercitare un crescente peso politico e di poter occupare cariche pubbliche amministrative e politiche.
Sia la borghesia, principale fautrice della Rivoluzione industriale e che costituiva il fondamentale blocco di potere della società moderna, sia il fenomeno, anch’esso tutto moderno, del proletariato furono un prodotto del nuovo sistema economico-produttivo.
Infatti, la maggior diffusione e affermazione del sistema della “grande industria”
determinò da una parte la scomparsa di tutta una serie di figure professionali legate all’artigianato e dall’altra, invece, il formarsi di un’uniforme massa salariata. Il proletariato assumeva così, alla fine dell’Ottocento, una propria fisionomia e, nel contempo, prendeva consapevolezza di costituire un gruppo sociale a sé stante caratterizzato da un peculiare modo di vita e afflitto da problemi comuni legati al lavoro in fabbrica22.
La formazione dell’eterogeneo movimento operaio fu una delle conseguenze di tali trasformazioni nel XIX secolo. Il proletariato urbano e in particolare gli operai specializzati furono i primi ad organizzarsi ed ad elaborare strategie di lotta comuni. Dalla metà dell’Ottocento il movimento dei lavoratori si presentava diviso in varie correnti, alcune di ispirazione democratica-repubblicana, altre anarchiche (che ebbero particolare diffusione in Spagna e in Italia), e infine socialiste. Un posto rilevante, sebbene non esclusivo, spettò allo sviluppo di organizzazioni partitiche che lottavano per un’allargamento in senso democratico dei governi e che si ispiravano alle teorie socialiste, quali il socialismo di Stato (teorizzato dal tedesco Lassalle), il socialismo umanitario, il sindacalismo rivoluzionario (ispirato alle idee del francese Sorel). Fondamentale in questo
22 La formazione del proletariato non fu solo legata alla diffusione del sistema di fabbrica. Il lavoro salariato e contrattuale si diffuse enormemente anche tra le masse contadine, il cui unico sostento era il proprio lavoro manuale per conto dei grandi latifondisti, privati, come erano stati, delle terre demaniali. Le masse contadine insieme a quello che Marx definì “sottoproletariato” subirono in grado maggiore il peso della situazione indotta dallo sviluppo del nuovo modello produttivo; ne erano infatti esclusi a causa delle loro scarse capacità professionali. Il difficile processo di integrazione e di adattamento mostrata da queste forze sociali si traduceva in un profondo malessere che alimentava violente rivolte popolari di tipo spontaneo e locale.
processo fu comunque la fondazione di un organismo sovranazionale, la Prima Internazionale (Londra, 1864-1876) con l’obiettivo di assumere una funzione direttiva nei confronti dei diversi partiti operai. Ben presto al suo interno emersero contrasti tra la principale linea d’attuazione, d’ispirazione marxista, e quella anarchica rappresentata da Bakunin. Tale discrepanza portò il progetto al fallimento23. Ciò nonostante si erano create le premesse per le successive fasi dello sviluppo del movimento operaio. Difatti, “era stata diramata la direttiva di costituire partiti operai nazionali e di promuovere, attraverso i sindacati, un’azione di tutela e di miglioramento delle condizioni del lavoro, da attuarsi attraverso lo sciopero”24. Tra gli anni 1880 e gli anni 1890 sorsero i primi partiti aderenti alla piattaforma programmatica elaborata dai dirigenti dell’Intenazionale operaia. Così in Italia fu fondato nel 1882 il Partito operaio seguito nel 1892 da quello socialista. Mentre in Spagna la creazione del Partito socialista data del 187925.
La divulgazione delle idee socialiste acquistò sempre più rilevanza all’interno dei movimenti dei lavoratori. Tuttavia l’associazionismo operaio fu una realtà molto complessa e composita. La stessa storia del Partito socialista si sviluppò diversamente a seconda degli specifici condizionamenti storici, politici, economici ed anche culturali di ogni nazione. Vediamo dunque di approfondire il discorso sulla situazione italiana e quella spagnola mettendo in evidenza alcune interessanti coincidenze storiche.
In Italia e in Spagna, come già detto, nacque un Partito socialista collegato alla Prima Internazionale che crebbe nel tempo sia per il numero di aderenti sia per il progressivo inserimento del gruppo all’interno della vita politica dello Stato. Per quanto riguarda la composizione di questi partiti, in entrambi i Paesi, essi facevano presa soprattutto sulla manodopera operaia qualificata che risiedeva nelle città più industrializzate. Per questo motivo, e per la diversa strategia di lotta per i diritti dei
23 Fu fatto però un secondo tentativo di coordinamento sovranazionale con la Seconda Internazionale (Bruxelles, 1889) che divenne luogo di incontro e di discussione dei grandi problemi.
24 Cfr. G. Cracco-A. Prandi- F. Traniello, L’Europa e il mondo…, p. 291.
25 In Germania nacque nel 1875 il Partito socialdemocratico tedesco, che assunse presto un ruolo guida in Europa, fu caratterizzato da una moderata azione riformista da attuare attraverso la lotta parlamentare, vale a dire utilizzando le legali vie costituzionali. In Francia la storia del Partito socialista fu più complessa.
Fondato nel 1879 il Partito dei lavori socialisti, a causa di dissensi ideologici interni, si scisse con la formazione del Partito operaio francese (1882). Una valida alternativa alla poco efficace forza socialista, l’offriva un’agguerrita organizzazione sindacale francese che adottò come sua fondamentale strategia di lotta, lo sciopero generale. In questo senso, l’azione dei sindacati trovò una valida elaborazione teorica nel mito della violenza elaborato da George Sorel (sindacalismo rivoluzionario). La situazione dell’Inghilterra merita un discorso a parte, in quanto fino agli anni 1880 i movimenti dei lavoratori inglesi erano stati caratterizzati per lo più da un sindacalismo apolitico. Qualche anno più tardi vide la luce il Partito laburista (1893), il quale fortemente osteggiato sia dai gruppi sindacalisti sia dalle diverse forze politiche, vide il primo successo elettorale solo nel 1906. In Belgio si assistí alla nascita di un Partito socialista nel 1879.
Spesso i vari sindacati dei lavorati accompagnarono l’azione dei principali partiti socialisti diventandone l’imprescindibile base elettorale e organizzativa.
lavoratori, erano in aperta contrapposizione con il movimento anarchico sia in Italia che in Spagna dove, meno organizzato, vantava un notevole numero di affiliati, quasi tutti braccianti agricoli, manovali dell’industria, minatori. Peculiarità dell’organizzazione socialista spagnola era la sua sensibilità nei confronti delle minoranze basche e catalane oppresse dal governo centrale. Oltre al contrasto tra anarchici e socialisti, entrambi i partiti, quello spagnolo e quello italiano, dovettero far fronte all’inizio del secolo a gravi dissensi interni che portarono alla loro scissione e alla nascita del partito comunista; quello italiano nel 1921 e quello spagnolo nel 1920.
Riallacciandosi al discorso sulla crisi sociale che viveva l’Europa occidentale a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, va detto che anche nei nostri Stati ci si trovava a dover far fronte ai dilaganti tumulti popolari di fine secolo e agli scioperi generali del primo Novecento. Per dare un’idea dell’urgenza della situazione basti dire che in Italia alle sollevazioni popolari degli anni Novanta seguì il primo sciopero generale del 1904; mentre in Spagna si assisteva dal 1902 a una mobilitazione crescente che sarebbe culminata negli scontri della Semana Trágica di Barcellona (1909) e nello sciopero generale dell’agosto del 1917. Di fronte a questi fatti, lo Stato liberale dimostrò la propria inadeguatezza e il processo di democratizzazione delle istituzioni diventò una necessità impellente per la sua stessa sopravvivenza. Da una parte, quindi, si rese inevitabile l’apertura della vita politica al Partito socialista e dall’altra l’introduzione del suffragio universale maschile. Per quanto riguarda il primo punto, in Italia, il decennio giolittiano (1903-1914) vide la partecipazione del Partito socialista al governo che comportò una sorta di compromesso politico tra i rappresentati del governo e il partito che rinunciava alle tendenze più eversive. Allo stesso modo il Partito socialista spagnolo (PSOE), rimasto ai margini della vita democratica del Paese fino a dopo il primo decennio del Novecento, nel 1911 si presentò alle elezioni alleato con i repubblicani e ottenne un deputato. Ma ciò fu possibile soltanto grazie a un riassetto del partito che prese le distanze dalla fazione rivoluzionaria in seguito alle rappresaglie della Semana Trágica. In riferimento al secondo punto segnalato, va chiarito che l’approvazione delle leggi del suffragio universale maschile risalgono in Italia al 1912 e in Spagna al 1890. Non ebbero comunque gli esiti sperati. Non rappresentarono infatti una reale democratizzazione della vita politica in stati dove la corruzione della classe dirigente e le manipolazioni elettorali ostacolavano il normale esercizio delle pratiche democratiche.