CAPITULO I Il contesto storico 11
2.1. La nozione di “Decadentismo” italiano: rassegna storica
2.1.1. Orientamento neoidealistico
Il capostipite dell’articolata storia delle interpretazioni del “Decadentismo”, colui che trasformò il termine in un’etichetta storico-culturale valida per le lettere italiane, è di certo Benedetto Croce36. Al principio del Ventesimo secolo lo studioso napoletano inizia a occuparsi della nuova letteratura e lo fa all’interno di una precisa ideologia culturale, quella del neoidealismo filosofico. Partendo da una visione peculiare del fatto letterario, che vedremo qui di seguito, approda a una valutazione negativa dei caratteri specifici dei prodotti artistici di fine secolo. Sicché dai suoi scritti si desume una connotazione spregiativa del termine “Decadentismo” legata al significato del suo etimo e difficilmente sradicabile negli anni a venire.
Consapevoli della complessità del pensiero crociano, cercheremo in questa sede di riportare alcuni elementi utili ai fini del nostro discorso. In generale il giudizio da lui espresso sull’arte contemporanea, italiana ed europea, è particolarmente severo, dal momento che, a suo avviso, le ultime manifestazioni artistiche rispecchiavano la vita spirituale di un’epoca in decadenza, marcata dal crollo dei valori umanistici e dei grandi ideali a cui si assiste alla fine del secolo. Le opere degli scrittori moderni rappresentano l’estremo opposto alle qualità di armonia e di equilibrio che invece distinguevano i capolavori della tradizione letteraria. La stessa periodizzazione proposta nell’articolo “Di un carattere della più recente letteratura italiana”, apparso sulla Critica nel 1907, riflette una posizione del genere. Qui Carducci viene collocato come spartiacque tra i fautori di una poesia che si ispira ai nobili ideali risorgimentali ed è espressione equilibrata di una chiara visione del mondo, e coloro che, nonostante l’eccellenza formale, hanno perso autenticità di ispirazione. Croce pone il poeta ufficiale della nuova Italia “sulla linea della grande poesia” e lo definisce “un omerida”; mentre dopo di lui, dal 1885 circa, individua un grave processo di decadenza37. La letteratura post-carducciana sembra quindi presentare una qualità scadente rispetto a quella pre-carducciana poiché risente, secondo l’insigne maestro, della graduale degradazione operante nei diversi ambiti dell’esistenza.
36 Pubblica gli articoli dedicati alla letteratura italiana contemporanea sulla rivista da lui fondata nel 1903, La Critica, li raccoglie poi organicamente nei sei volumi de La letteratura dell’Italia unita (pubblica i primi quattro tra il 1914 e il 1915, gli ultimi due tra il 1939 e il 1940).
37 Cfr. B. Croce, “Di un carattere della più recente letteratura italiana”, in La letteratura della nuova Italia, Bari, Laterza, 1964, pp.177-193, p.178.
Fatto che evidenzia quando dice che: “nel periodo più a noi prossimo nel quale ancora viviamo, spira un vento d’insincerità”38.
E del resto si tratta di una situazione favorevole allo sviluppo di certi
“irrazionalismi contemporanei”, originatisi in seguito al vuoto lasciato dallo scadere dei valori spirituali, morali e civili. In questo modo infatti si manifesta il particolare momento storico che corrisponde al trapasso tra i due secoli e che imprime un carattere proprio a tutte le sfere dell’esistenza. Cosicché in campo filosofico si assiste, dopo la nefasta diffusione delle filosofie materialistiche e deterministiche, al deplorevole sviluppo di tendenze mistico-spiritualeggianti che rimpiazzano la religione e la metafisica; mentre nel campo pubblico della politica e della morale, si affermano il vitalismo e l’imperialismo della nuova borghesia industriale39. Con poche pennellate il critico abbozza le linee portanti di un periodo di grande crisi e indica le conseguenze palpabili del cosiddetto male di fine secolo, esordendo:
abbiamo non più il patriota, il verista, il positivista, ma l’imperialista, il mistico, l’esteta […] Sono tutti operai della medesima industria: la grande industria del vuoto. 40
Di conseguenza anche la letteratura si nutre della corrente di “insincerità” e di
“poca chiarezza interiore” che percorre tutto il continente europeo.
Tuttavia questo stato di cose non ha origine dal nulla, è una fase necessaria dello svolgimento dialettico della Storia che presiede la realtà. Pertanto, sul piano artistico, il decadimento più recente coinciderebbe, secondo quanto espone Croce nel capitolo dedicato all’Ottocento dell’opera Storia d’Europa nel secolo decimonono (1932), con l’ultima fase del Romanticismo. E poggerebbe sui suoi esiti deteriori e moralmente condannabili, sull’esasperarsi del carattere sensuale, irrazionale, addirittura patologico, di cui era portatore tale movimento41.
In questo senso negli anni Sessanta Giulio Cattaneo legge le parole del critico - le ritroviamo tra virgolette - ponendo in evidenza le radici romantiche del “Decadentismo”:
38 Cfr. Ibidem, p.178.
39 Croce spiega che: “Nel campo della pratica la borghesia industriale ha distrutto la fratellanza ideale dei popoli in un Dio o in un Cristo, sostituendovi la gara delle cupidigie; [...] E l’aspirazione spirituale dell’uomo non ha potuto riaffermarsi se non falsificandosi nelle superstizioni pseudonaturalistiche e avvilendosi nell’ipocrisia del neomisticismo”, cfr. B. Croce, “La letteratura dell’Italia unita”, brano tratto da:
C. Segre-C. Martignoni (a cura di), Testi nella storia, Il Novecento, vol. 4, Milano, Mondadori, 1992, pp.369-388, p. 379.
40 Cfr. B. Croce, “Di un carattere…, p. 183.
41 Vid. B. Croce, Storia d’Europa nel secolo decimonono (1932), Bari, Laterza, 1964, pp. 45-61.
se il romanticismo, ‘nella sua prima epoca’, era stato una ‘nobile malattia’, nella quale ‘alle forze del disgregamento si opponevano poderose le forze dell’unità’, ‘dopo il quarantotto’ le ‘forze negative ebbero il sopravvento’ e il decadentismo, senza ‘superare’ il romanticismo, lo esasperò ‘nel carattere suo di malattia’ 42.
In quel testo Croce, ragionando sulla differenza tra un Romanticismo teoretico e speculativo, ed uno pratico e morale, considera il primo superiore e, in quanto alimentato dalla filosofia idealistica, che “risplende di verità”43; mentre il secondo, che ne è una filiazione, è di qualità inferiore poiché, non essendo sostenuto da nessuna fede, è altresì limitato dall’“ansia di forgiarsene una”44. Pertanto le opere decadenti, colpevoli di esprimere una simile carenza di ideali, aggravata ulteriormente dal vuoto interiore dei nuovi artisti, non giungono mai ad una rappresentazione armonica del mondo. Di conseguenza snaturano il valore supremo, quello conoscitivo, dell’attività poetica45.
Per comprendere il profondo senso di disprezzo che Croce nutre verso le manifestazioni letterarie a lui contemporanee, occorre tenere presente che l’arte, nel sistema estetico da lui elaborato, è considerata come la particolare “intuizione lirica” di quella zona inesplorata della realtà non razionale in cui ha luogo la risoluzione idealistica, di matrice hegeliana, del finito nell’infinito46. Partendo da questa idea, il napoletano ravvisa nei testi della letteratura moderna europea lo scadere dell’atto poetico sotteso da grandi ideali. Si era verificata una rottura fra contenuto e forma dovuta al mancato adempiersi, come spiega Abbagnano, di “una sintesi a priori di sentimento (materia) e immagine (forma)”47. All’armonia raggiunta nelle opere maestre della tradizione, si sostituiscono il formalismo, l’individualismo, il frammentarismo, il predominio del particolare sul generale dei lavori più recenti; tutto ciò conduce a una parvenza di arte, a quella che Croce chiama “pseudopoesia”.
Lungo tutta l’attività critica dello studioso, la condanna morale degli atteggiamenti letterari, nonché biografici, degli scrittori definiti decadenti accompagna indissolubilmente il giudizio, affatto favorevole, sulla loro produzione artistica. Il piano etico si mescola allora a quello estetico, come quando ad esempio l’illustre studioso valuta negativamente
42 Cfr. G. Cattaneo, “Benedetto Croce teorico e critico della letteratura”, N. Sapegno-E. Cecchi (a cura di), Storia della Letteratura Italiana. Il Novecento, vol. I, Milano, Garzanti, 1994, (1ª ed. 1969), pp. 583-629, p.
605.
43 Cfr. B. Croce, Storia d’Europa…, p. 47.
44 Cfr. Ibidem, p. 49.
45 Croce, spiega Abbagnano, intende la letteratura come un: “momento di rivelazione dello spirito universale”, cfr. N. Abbagnano-G. Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, vol.III, Torino, Paravia, 1992, pp. 385-393, p. 387.
46 Sulla teoria dell’estetica crociana e per la trattazione approfondita del pensiero filosofico di Benedetto Croce, vid. N. Abbagnano-G. Fornero, Filosofi.., pp. 385-393.
47 Cfr. Ibidem, p. 387.
la “triada onomastica D’Annunzio, Fogazzaro e Pascoli”48. Il giudizio è espresso in modo categorico. Dal loro confronto con Carducci risulta che è come “passare da un uomo sano a tre malati di nervi”49. A questa condanna dei nuovi autori, si aggiunga inoltre la durissima stroncatura sui romanzi di un Pirandello esordiente e il noncurante accenno alla poesia simbolista e decadentista dei francesi, Mallarmé, Verlaine e Rimbaud.
Nonostante l’atteggiamento polemico di Croce verso gli artisti più innovatori, e di conseguenza insofferenti delle norme estetiche classicheggianti, i suoi scritti sono ricchi di spunti per la critica successiva. In primo luogo va osservato che l’impostazione idealistica del concetto di arte come conoscenza intuitiva dell’universale e la dichiarazione del principio dell’autonomia artistica collima invece con quelli che i suoi successori riconosceranno come i principi essenziali della poetica decadentista50. Così, in margine al giudizio sostanzialmente negativo, lo studioso stabilisce alcune delle direttrici fondamentali per il futuro sviluppo del dibattito critico intorno alla nozione di
“Decadentismo”. In secondo luogo va anche detto che, come abbiamo già visto, egli è il primo ad aver individuato una nuova età letteraria in possesso di connotati propri che si estende cronologicamente dalla fine del secolo al primo Novecento. Inoltre la posizione crociana apre tutta una serie di questioni correlate, quali l’intuizione della continuità tra Romanticismo e “Decadentismo” o l’estensione di quest’ultima categoria all’arte novecentesca, su cui si rifletterà a lungo. Infine, per concludere, occorre sottolineare, con l’Antonielli, che: “l’atteggiamento polemico del Croce ha fatto sì che tutti gli studi sul D.
siano stati condotti in rettifica delle sue tesi o apertamente contro”51.
Con queste importanti indicazioni, e parallelamente allo sviluppo dell’attività critico-filosofica del grande maestro, negli anni Venti appaiono i primi importanti lavori centrati sulla questione che qui affrontiamo. Basilari sono quelli rappresentati dal primo volume di Francesco Flora dal titolo Dal Romanticismo al futurismo52, dove troviamo argomentazioni poi completate nel ben più maturo Il Decadentismo53, e dall’opera
48 Cfr. B. Croce, “Di un carattere…”, p. 177.
49 Cfr. Ibidem, p. 188.
50 Questa caratteristica è evidenziata da Abbagnano quando conclude, a proposito dell’estetica crociana, che:
“contro ogni forma di estetica intellettualistica (= arte subordinata al vero), edonistica (= arte subordinata al piacere), utilitaristica (= arte subordinata all’utile) e moralistica (= arte subordinata al bene), Croce afferma la piena e totale autonomia dell’arte (= l’unico scopo dell’arte è l’arte stessa, ossia la belleza)”, cfr. N.
Abbagnano-G. Fornero, Filosofi..., p. 387.
51 Cfr. S. Antonielli, s.v.: “Decadentismo...”, p. 670.
52 Vid. F. Flora, Dal Romanticismo al futurismo, Milano, Mondadori, 1925.
53 Vid. F. Flora, “Il Decadentismo”, in U. Bosco (a cura di), Questioni e correnti di storia letteraria, Milano, Marzorati, 1956, pp. 760-810.
monumentale di Luigi Russo I narratori54. Occorre anticipare fin da ora che, sebbene le posizioni di entrambi crescano nel fertile terreno dell’insegnamento crociano, costituiscono però i primi tentativi di rettifica alla sua valutazione negativa, nonché alla condanna moralistica formulata dal critico sulla letteratura moderna o “post-carducciana”.
Russo, più di Flora, riuscirà a condurre la propria indagine al di fuori dell’egida del napoletano.
Ma vediamo di esporre il contenuto specifico della posizione dei due studiosi iniziando dall’intervento di Flora. Come si accennava in precedenza, egli affronta il problema del “Decadentismo” già in un precoce saggio dal titolo Dal Romanticismo al futurismo. La maggior parte della sua attività critica verterà su questo argomento verso cui manifesterà un atteggiamento ambiguo. Difatti, benché sembri condividere con il maestro una concezione dell’opera d’arte quale risultato di un’armonica fusione tra forma e contenuto (da qui la sua avversione per le opache realizzazioni letterarie moderne), Flora però non riesce a non apprezzarne certe innovazioni. Ed è significativo allora il suo sforzo di sottrarre alcuni aspetti della cosiddetta letteratura decadente alla censura generalizzata.
Stima infatti positivi gli esiti musicali a cui giunge la parola simbolista e parnassiana.
Questa tendenza sarà maggiormente presente nel testo da lui redatto negli anni Cinquanta, Il Decadentismo, dove si smorzano i toni intransigenti del primo lavoro.
L’autore vi traccia in modo imparziale un ampio quadro storico, letterario e morale della fine del secolo. Comunque se all’inizio del saggio non emerge l’accezione negativa data alla parola “Decadentismo” –identificato infatti come “una dottrina morale e artistica” e
“una forma di vita e di poesia nuova” indicative di tutta la civiltà contemporanea-, non cambia però la convinzione di fondo su cui basava il suo primo intervento.
Per quanto riguarda l’arco cronologico, come il maestro, Flora fa coincidere il
“Decadentismo” con l’ultima fase della letteratura romantica, e lo definisce un
“romanticismo d’occaso”. Da ciò deriva il carattere della nuova stagione letteraria, marcata dalla “coscienza e compiacimento di una decadenza”55. È manifestazione inoltre del disagio causato, a un livello più profondo, dalla disgregazione dei valori religiosi, morali e artistici della civiltà borghese. Un processo da cui si originerebbero i sentimenti decadenti, degli “stati d’animo morbosi, disarmonici, dilettanteschi, esteticisti”56, riconoscibili nelle esperienze artistiche coeve alla fine del secolo. Flora rintraccia, dunque,
54 Le osservazioni sul “Decadentismo” si trovano nella cospicua parte introduttiva. Vid. L. Russo,
“Introduzione” a I Narratori (1850-1957), Milano, Principato, 1958, (1ª ed. 1922-23), pp. 5-36.
55 Cfr. F. Flora, “Il Decadentismo...”, p. 763.
56 Cfr. Ibidem, p. 765.
delle costanti comuni all’interno delle eterogenee esperienze letterarie europee dell’ultimo Ottocento e del primo Novecento. E getta luce sul fatto che l’etichetta di “Decadentismo”
racchiude:
la teoria dell’arte per l’arte, il preraffaellismo, il neoprimitivismo, il cubismo, il futurismo, il dinamismo, l’espressionismo, la pittura metafisica, l’architettura razionale, il dadaismo, il surrealismo, il novecentismo, l’esistenzialismo, l’astrattismo figurativo… il dodecafonismo; e così via”57.
Va detto però che, sebbene fosse ben visibile nel più maturo contributo del critico la volontà di svelare in modo imparziale l’intrinseca complessità dell’epoca58, la sua operazione non si libera dell’importante eredità crociana, a cui è vincolato il termine scelto per indicare la crisi della letteratura, e diventa evidente allorquando Flora si sposta dall’ambito poetico a quello storico-filosofico. A questo proposito lo studioso osserva che il significato ultimo e teorico del disordine morale e della sofferenza moderna muove dalla crisi religiosa che vive l’uomo alle soglie della modernità. All’origine delle nuove poetiche vi è l’angoscia, diciamo primordiale, della perdita irreparabile di Dio (= centro ordinatore della realtà) e la rottura definitiva della visione rinascimentale in cui le relazioni tra l’ente trascendentale, l’uomo e l’universo si esplicitavano in termini gerarchicamente dati. Tuttavia la perdita della fede e degli ideali non coincide, a ben vedere, con l’estenuazione dell’esigenza spirituale dell’uomo, disposto infatti a percorrere cammini laici nella sua ricerca del “mistero” e di un nuovo ordine morale. Ne deriverebbe, in parte, l’elezione dell’arte come via compensatoria a tale vuoto.
Ritornando alla sfera letteraria, va sottolineato un’altra riflessione importante del lavoro di Flora. Egli si chiede quali siano le personalità artistiche da annoverare nel
“Decadentismo” e passa in rassegna gli scrittori dei diversi ambiti nazionali europei, iniziando dalla Francia. Tra i francesi fa il nome di Huysmans, Verlaine, Rimbaud e Mallarmé; tra gli inglesi quelli di Oscar Wilde e di W. B. Yeats; tra i tedeschi segnala Hauptmann e George; tra gli italiani il gruppo degli Scapigliati e poi “D’Annunzio, Pascoli, Gnoli, Fogazzaro, Pirandello, i poeti crepuscolari più nei programmi che nei versi, i poeti futuristi e quindi gli ermetici”59.
57 Cfr. Ibidem, pp. 761-762.
58 Una prospettiva più ampia frutto in parte degli spunti dati da altri insigni studiosi. Flora si avvale nel nuovo trattato sul concetto di poetica elaborato da Russo e consolidato da Binni; del riconoscimento dell’autonomia dell’arte moderna presentata come principio distintivo nel lavoro di Luciano Anceschi, Autonomia ed eteronomia dell’arte (1936); dell’unità culturale del fenomeno descritta nel saggio La filosofia del decadentismo (1944) di Norberto Bobbio.
59 Cfr. Ibidem, p. 795.
È importante insistere ancora una volta sulla distinzione fatta dal critico. Egli infatti non nega che riducendo il valore del “Decadentismo” al mero atto della stesura, al momento pratico, come aveva sentenziato Croce, non si possano ritrovare grandi momenti lirici di vibrante autenticità, come ad esempio nell’opera di Baudelaire, di Mallarmé, di D’Annunzio o di Pascoli. Difficilmente però potranno inverarsi nella vita e si identificheranno a livello morale e teorico con “la negazione dell’umano”, privi quindi di contenuto spirituale60.
All’interno della scuola di Croce, come avevamo indicato in precedenza, si forma anche Luigi Russo che si occupa, a partire dagli anni Venti, dello studio dell’ultima narrativa italiana. Ne fornisce un quadro completo nel suo capolavoro I Narratori61. A differenza di Flora, egli accoglie in linea di massima il sistema estetico del maestro, ma tenta consapevolmente di uscire dalla linea dei pregiudizi moralistici dell’inventore del concetto di “Decadentismo”. In tale senso troviamo alcune pertinenti osservazioni nel saggio introduttivo alla sua “guida bio-bibliografica”, dove cerca di superare la condanna morale che Croce aveva formulato a proposito dei testi decadenti, evidenziando la sostanziale diversità del piano estetico e di quello etico. Non necessariamente un’opera considerata immorale, secondo i parametri stabiliti dall’insigne maestro, sarà irrilevante dal punto di vista artistico. Su tale via propone la distinzione tra “documenti” e
“monumenti”. Ma oltre a questo possiamo notare altri spunti originali, come il concetto storicizzato di poetica, che vedranno i loro frutti nella successiva generazione di critici e su cui vale la pena richiamare l’attenzione.
Il prologo alla prima edizione si apre con la seguente valutazione della narrativa italiana moderna:
la letteratura narrativa degli ultimi sessant’anni, se conta solo qualche capolavoro e non numerose opere eccellenti, riserba però un particolare valore documentario di vivissimo interesse.62
Sulla base della demarcazione crociana tra “poesia” e “non-poesia”63, definisce i
“monumenti” come capolavori che attingono ai “dominî della poesia” e che hanno valore in se stessi, e i “documenti” come opere che presentano un valore “storico”. Questi ultimi
60 Cfr. Ibdem, p. 775.
61 In questo volume composto nel 1922, e successivamente ampliato nel 1950, Luigi Russo si propone di realizzare “una guida bio-bibliografica” il più possibile esaustiva dei narratori italiani attivi tra il 1860 e il 1922. Questi limiti cronologici saranno ulteriormente dilatati nella seconda edizione fino a comprendere un intero secolo di storia della letteratura narrativa italiana (1850-1950). Russo non solo realizza dettagliati ritratti artistici, ma completa ogni profilo con un giudizio critico.
62 Cfr. L. Russo, “Introduzione” a I Narratori..., p. 13.
63 Per “poesia” infatti Croce intende la fusione completamente riuscita di espressione e sensazione-intuizione e che stabilisce come l’unico parametro su cui formulare un giudizio di valore.
rivelano la loro relazione con la realtà esterna e sono quindi particolarmente interessanti per il critico che voglia tracciare un quadro completo dei cambiamenti in atto nella nuova letteratura italiana.
Fissato il campo di interesse e le motivazioni della sua panoramica storico-letteraria, Russo si appresta a dare una spiegazione sulla metodologia da lui seguita per l’esame delle opere e delle personalità artistiche. Si serve di uno strumento di lavoro, la nozione di poetica, che riprende dalla tradizione retorica e ridefinisce secondo i dettami dello “storicismo critico”64. Dà corpo, così, a un importante concetto operativo che si costituisce come insieme organico di svariati elementi. Un complesso di aspetti diversi che lo specialista dovrà tener presente nella sua attività interpretativa, dal momento che nell’opera d’arte si combina tanto il programma artistico del singolo poeta quanto le condizioni specifiche attinenti alle esperienze extraletterarie -morali, sentimentali e politiche- dell’uomo biografico.
Dopo aver dato preziosi ragguagli sulle modalità del suo procedere, Russo delimita il campo d’azione del suo studio. Prenderà in esame le opere definite “documenti”, prodotte nell’intervallo cronologico della nascita del nuovo Stato italiano, perché costituiscono:
la testimonianza più viva e più diretta di quella rivoluzione romantica che in Italia, assai più lentamente e con ritardo rispetto alle altre letterature europee, ha tentato di liberarci dalle più opprimenti tradizioni letterarie radicatesi in noi lungo la decadenza del nostro Sei e Settecento.65
Tale frattura con la tradizione permetterà la formazione da una parte della letteratura veristica, rappresentata dalle opere di Capuana e di Verga, e dall’altra del
“Decadentismo”. Entrambi sono da considerarsi come momenti necessari dello sviluppo storico della letteratura e se si colgono nella loro totalità vi si può intravedere: “lo spirito di quella lenta riforma interiore del nostro “animus” poetico e del gusto letterario”66 che coinvolge le personalità artistiche della fine del secolo. Una mutazione graduale che si ha, a suo dire, in un primo momento con il Romanticismo e la cui più alta espressione si ritrova nei Promessi Sposi di Manzoni. Una simile fase è da intendere, in disaccordo con quei critici che non credono che ci sia stato un vero e proprio movimento romantico in
64 Una corrente che, nata in seno al neoidealismo, viene portata avanti da Russo e, come vedremo da Natalino Sapegno e da Walter Binni. Procedeva dalla reazione all’impostazione di carattere morale data alla problematica estetica da Croce e proponeva una comprensione e valutazione delle opere sul piano esclusivamente artistico e storico.
65 Cfr. Ibidem, p. 13.
66 Cfr. Ibidem, p. 13.