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La posizione di Mario Praz

CAPITULO I Il contesto storico 11

2.1. La nozione di “Decadentismo” italiano: rassegna storica

2.1.3. La posizione di Mario Praz

Giunti a questo punto della nostra indagine storica sul concetto di “Decadentismo”

all’interno delle due grandi scuole di pensiero novecentesche, è opportuno esaminare più da vicino il fondamentale apporto di Mario Praz allo scopo di completare la rassegna degli esponenti più rappresentativi del dibattito critico.

Il contributo di questo studioso, uno dei maggiori esperti del movimento decadente nella sua multiforme espressione europea, è composto da vari saggi pubblicati in tempi diversi lungo un lasso di tempo che va dagli anni Trenta agli anni Settanta118. La posizione di Praz che, come già abbiamo anticipato, si muove al di fuori degli orientamenti critici imperanti, poggia sulla tesi della continuità romantico-decadente e si concretizza nello studio delle tematiche decadentistiche. Anche se la sua operazione critica consiste in un’attenta analisi dei testi e il problema del “Decadentismo” non è impostato in termini espliciti, la sua voce è da annoverare tra gli esponenti di maggior spicco che diedero vita al dibattito intorno a tale defizione.

È utile ricordare le idee-chiave partendo dal già citato saggio del Trenta. Va detto che, secondo quest’autore, l’importanza delle categorie storiografiche, quali Romanticismo, Decadentismo, Illuminismo, Barocco, o meglio la loro utilità, si comprende sulla base della necessità di orientare qualsiasi atto di critica letteraria sull’asse storico-culturale. Queste “categorie empiriche”, come le definisce, vengono utilizzate dal critico letterario per distinguere le varie epoche e si formulano tenendo conto dei contenuti culturali specifici di un clima prevalente. Difatti è chiaro che:

conoscere i gusti e gli affetti propri di ciascuna età è condizione sine qua non per interpretare un’opera d’arte, e la storia della letteratura non può fare a meno d’approssimazioni come quella che abbiamo fin qui esaminato, approssimazioni le quali non han da essere più che simboli di specifiche tendenze della sensibilità.119

118 Vid. M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica (1930); e anche “Il decadentismo italiano”, Cultura e scuola, I-1 (1961), pp. 20-26; s.v.: “Decadentismo”, in Enciclopedia del Novecento, vol.II, Treccani, Milano, 1977, pp. 10-23.

119 Cfr. M. Praz, La carne, la morte..., p. 20.

In questo volume inoltre lo studioso sonda, è il caso di dire, la produzione artistica romantica al fine di individuare tematiche e motivi che riflettono “i gusti e gli affetti di un’epoca”. Esse configurano il “sostrato culturale” che ispira le opere e le personalità che operano all’interno della civiltà romantica. Praz si fa promotore pertanto, a livello prettamente letterario, di uno studio che ha per oggetto la “storia della cultura” così come si svolge lungo tutto l’Ottocento fino alla fine del secolo. In questo ampio saggio comparativo prende in considerazione ben tre letterature nazionali in cui ricerca comuni motivi e figure letterarie legate alla “sensibilità erotica”, che ritiene filone essenziale della specifica atmosfera culturale ottocentesca derivante dalla letteratura romantica. Difatti l’ipotesi iniziale di Praz gira attorno alla sensualità, considerata nei suoi vari aspetti, dove la letteratura dell’Ottocento e inizio Novecento si mostra compatta e supera di fatto le varie denominazioni che le vengono attribuite. Inoltre, ai fini della nostra analisi, va sottolineato che lo studioso usa il termine “Decadentismo” per indicare un delimitato fenomeno letterario e culturale, originatosi da una delle “determinate rivoluzioni della sensibilità” e che si riflette nelle tematiche letterarie; ma non si preoccupa di approfondirne la natura o i motivi scatenanti. Occorre ricordare che il “decadentismo della fine del secolo”, secondo il critico, sarebbe intimamente connesso al Romanticismo, dato che non è altro che un suo “svolgimento” e si identificherebbe con l’Estetismo che prevale nella fase estrema del movimento romantico.

Un’ultimo aspetto da mettere in evidenza nell’economia del nostro discorso è il ruolo assegnato a D’Annunzio, il campione del “Decadentismo”120. Lo scrittore italiano rappresenta la stagione letteraria decadentistica più per le tematiche che per l’aspetto formale. In questa prospettiva, Praz coglie nella figura dell’abruzzese “un ambiguo estremismo: il D’Annunzio è un barbaro e, insieme, un decadente”121. Motiva la sua scelta quando spiega che l’autore accoglie nella propria opera quegli aspetti e quei temi che sente più consoni al proprio “crudo nucleo di sensualità semibarbara”, suo ed esclusivo

“patrimonio nativo”, e li svolge in sintonia con il gusto decadente che imperversava al di là dei confini nazionali.

A questo primo saggio, ne seguono anni dopo altri dove si occupa in modo più specifico della caratterizzazione e della descrizione della letteratura decadentista. Tra i più importanti, va segnalato un articolo dei primi anni Sessanta inserito nell’Enciclopedia del Novecento in cui l’illustre maestro affronta l’arduo compito di inserire il “Decadentismo”

120 Cfr. Ibidem, pp. 377-380.

121 Cfr. Ibidem, p. 378.

italiano all’interno del quadro europeo. Esordisce alludendo ad una polemica in corso con Gioanola e i cui estremi ci pare utile abbozzare perché ci permetteranno di entrare nella nuova fase del dibattito122. Al contrario di Gioanola, che considera il “Decadentismo” una categoria filosofico-artistica estendibile a tutto il Novecento fino alle soglie del post-moderno e sinonimo di modernità letteraria, Praz, coerente con l’impostazione da lui data ai problemi di classificazione appena visti, lo definisce come un gusto letterario manifestatosi nell’arco di pochi decenni. Usa infatti il termine per riferirsi al carattere delle mode letterarie che “da circa il 1880 fino al principio del nostro secolo letterario si polarizzò intorno al concetto di decadenza”123.

Ancora una volta la sua approssimazione all’origine e ai connotati del

“Decadentismo” è letteraria e tematica. Dice al riguardo:

anziché percorrere a ritroso il processo storico e proiettare sul decadentismo i caratteri di un’età posteriore, conviene se mai risalire ai precursori di quel movimento, e ne troviamo soprattutto in Inghilterra e in Francia: a Théophile Gautier, fondatore dell’estetismo esotico, esaltatore del tipo della donna fatale, Cleopatra, che combinava con lo sfondo dell’Oriente favoloso il gusto del piacere nella pena, cioè dell’algolagnia, che era come nell’aria del periodo romantico, quel tipo che poi, verso la fine del secolo troverà l’incarnazione perfetta in Erodiade.124

È evidente che qui Mario Praz identifica “Decadentismo” con Estetismo, quale estrema propaggine del Romanticismo. L’artista decadente eredita dai romantici l’esaltata estraniazione dalla società, declinando ogni coinvolgimento civile e appellandosi al valore autonomo e universale dell’arte.

Le condizioni storiche, secondo lo studioso, favorevoli alla formazione della sensibilità decadente, si formano in primis in Inghilterra, precisamente “nei movimenti di rivolta contro l’establishment inglese fin da verso il 1875, e come di questi the naughty

122 La discussione svoltasi tra Mario Praz e Elio Gioanola negli anni Settanta in seguito alla pubblicazione di uno dei primi lavori critici del torinese, ha come oggetto la delimitazione cronologica del “Decadentismo”.

Praz contestava a Gioanola l’uso del termine per indicare l’intero periodo della letteratura e della cultura italiana che si estende dalla fine dell’Ottocento fino alla metà del Novecento. La considera un’applicazione arbitraria. Tale denominazione, coincide, a suo avviso, con l’estetismo dannunziano e riguarda un periodo di non più di trent’anni a cavallo dei due secoli. Secondo il critico, successivamente si apre una fase del tutto distinta che illustra, con un sintagma ripreso da W. H. Auden, come “l’età dell’ansia”. Gioanola, dal canto suo, punta a riconoscere che l’ampio movimento decadente non è statico ma subisce un mutamento sostanziale tra la fin de siècle e il Novecento, che corrisponde al passaggio da un’età decadente a una decaduta. Entrambi fanno riferimento a questa divergenza terminologica nelle parti introduttive di alcuni loro lavori, dove tracciano le rispettive definizioni di tale nozione. Gli estremi per seguire questa polemica si trovano nella bibliografia di Praz già riportata in nota e nei seguenti scritti di Gioanola: E. Gioanola, Il Decadentismo Roma, Studium, 1977, e la sua introduzione al volume di G. Landolfi, Per un’interpretazione del decadentismo, Novara, Interlinea, 2001, pp. 9-11.

123 Cfr. M. Praz, s.v.: “Decadentismo…, p. 11.

124 Cfr. Ibidem..., p. 11.

nineties (gli scapigliati anni novanta) non sono che un aspetto”125. Dentro questi limiti temporali va collocato il rifiuto da parte degli artisti dei valori utilitaristici che la società borghese stava elaborando all’interno della nuova fase del capitalismo e la loro provocatoria devozione al “bello”, presentata come categoria estetica esclusiva.

Ad ogni modo, come avevamo già anticipato all’inizio, Praz non si preoccupa di precisare la genesi e il siginificato culturale del “Decadentismo”. Il suo obiettivo principale è individuare quei tratti distintivi di un clima che si riflette, soprattutto e come si è già detto, nelle letterature francese e inglese. I motivi comuni che vi rinviene sono gli stessi che poi si sarebbero diffusi in tutta Europa contaminando l’area tedesca, russa e italiana.

Rispetto al quadro della civiltà romantica e tardo-romantica tracciato da Praz, l’ambiente culturale italiano si mantiene al margine, anche se, come abbiamo visto, una delle maggiori personalità decadenti si forma proprio in Italia con D’Annunzio. Nel complesso il giudizio di questo critico sul “Decadentismo” italiano non è molto positivo.

A suo avviso, ai letterati non sono mancati i motivi d’ispirazione ma piuttosto la disposizione d’animo che permettesse loro di sviluppare una determinata sensibilità.

Riduce così a “storia di costume” l’insieme delle opere degli scapigliati milanesi e dei poeti simbolisti e liberty dato che si limitano a imitare gli autori stranieri. L’unica eccezione sarebbe rappresentata da D’Annunzio che, come abbiamo già anticipato, ben si adatta al ruolo di scrittore decadente dalla portata internazionale, anzi un vero e proprio punto di approdo delle diverse esperienze culturali e letterarie europee; e dal Pascoli, di cui mette in luce il “diverso decadentismo” di gusto prettamente italiano.

Per concludere il nostro studio, è doveroso riconoscere che, pur al di fuori dei modelli interpretativi predominanti nel Novecento, i vari saggi di Praz individuano un repertorio di stimolanti itinerari letterari che segnano la civiltà romantica e tardo-romantica europea.

125 Cfr. Ibidem, p. 11.