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Stato attuale della questione

CAPITULO I Il contesto storico 11

2.1. La nozione di “Decadentismo” italiano: rassegna storica

2.1.4. Stato attuale della questione

problematica definizione del concetto ad esso vincolato. Mette in risalto quindi la mancanza di un punto di incontro tra le varie spiegazioni date al fenomeno da parte dei più importanti studiosi protagonisti della storia della critica del “Decadentismo”. Un dato di fatto così evidente che porta Gioanola ad interrogarsi sull’esistenza stessa di tale fenomeno, quando dice che:

la questione ha del paradossale e si può dire anche che a parlare di “Decadentismo” si rischia di discutere su di un argomento inesistente; in ogni caso è certo che, dopo tanto dibattito critico, si è al punto che parlare di “Decadentismo”, ancora oggi equivale a prendere posizione e decidere il territorio sul quale s’intende estendere la propria indagine.130

Tuttavia, nonostante il generalizzato scetticismo, la questione del “Decadentismo”

non ha smesso di suscitare profondo interesse interpretativo, tutt’altro; ma si è diffusa tra i critici la consapevolezza del progressivo svuotarsi dell’etichetta decadentistica. Essi prendono atto della necessità di chiarire il termine tutte le volte che si intende esplorare tale territorio culturale131. Tra le voci più recenti, Giovannetti avverte della perdita di validità del termine qui in esame e lo sforzo di sostituirlo con altre definizioni. Non sfugge allo studioso che: “negli ultimi quindici, vent’anni l’etichetta di decadentismo sia entrata in crisi e oggi ci appaia come un relitto di passate polemiche che non come un’operazione utile”132. Lo stesso Gioanola, sostenitore negli anni Settanta di “Decadentismo” come etichetta estensibile a tutte le manifestazioni letterarie novecentesche, negli ultimi tempi, dal punto di vista terminologico, propone:

l’abolizione del termine “Decadentismo” per parlare di Estetismo a proposito di D’Annunzio e dintorni, e di Simbolismo per Pascoli e altri, mentre userebbe la parola-contenitore “Novecento” (o quella di “moderno”) per tutta la letteratura di questo secolo, tra Svevo, Pirandello e Calvino.133

In ogni modo, sia il superamento definitivo delle valutazioni moralistiche ed ideologizzanti sul movimento letterario decadente, sia l’interrogarsi sulla reale consistenza della categoria storiografica che lo designa, significa aprire nuove prospettive di studio sulla letteratura italiana tra l’Ottocento e il Novecento. Malgrado ciò, all’operazione di de-ideologizzazione delle interpretazioni storiche del consueto termine-concetto, segue un

130 Cfr. E. Gioanola, Il Decadentismo..., pp. 7-8.

131 A questo proposito Antonielli, dopo aver segnalato la contraddizione inerente al uso indiscriminato del vocabolo “Decadentismo” per designare tanto la “lunga metafora critica” che “l’esiguità del fenomeno nei suoi connotati storici”, appunta che: “quella di D. rimane così una designazione di ordine morale, etico-politico, estesa a comprendere tutto ciò che dalla fine dell’Ottocento in poi sia sembrato unificabile sulla base di una serie di atteggiamenti morali, contenutisticamente dedotti da opere che in sede artistica o di reale poetica avrebbero potuto essere indicate altrimenti”; cfr. S.Antonielli, s.v.: “Decadentismo”…, p. 677.

132 Cfr. P. Giovannetti, Decadentismo…, p. 24.

133 Cfr. E. Gioanola, Letteratura italiana, vol. III.1, Milano, Colonna, 1998, pp. 296-297.

momento di confusione a cui rimandano le testimonianze dirette riportate precedentemente.

Ricapitolando, ci pare che la nuova fase della storia critica della locuzione definitoria sia connotata dalla volontà di liberarsi dai retaggi delle passate visioni storico-letterarie. Si intende superare da un lato il giudizio moralistico espresso a proposito dell’arte primonovecentesca, per cui il “Decadentismo” veniva identificato con uno stato di decadenza dei costumi e delle arti; e dall’altro l’uso metastorico del vocabolo, con cui si segnalava un periodo di crisi dalla labile e confusa definizione. Sono anni, comunque, in cui gli studi critici sono marcati dall’incertezza sul modo in cui procedere alla costruzione di nuove idee, di nuove catalogazioni periodizzanti e approssimazioni connotative. Proprio in ragione della momentanea assenza di un’alternativa soddisfacente si incorre in una fase di ambiguità terminologica e concettuale per un verso e di ricapitolazione e riconsiderazione dell’intera vicenda critica e artistica per l’altro. Così, se alcuni studiosi provano a fare il punto della situazione e ad abbozzare nuovi strumenti e ipotesi di lavoro, altri giungono a sostenere l’inutilità di un’etichetta ormai vuota di senso e ad affermare l’inesistenza del “Decadentismo” come fenomeno della civiltà artistica a cavallo fra Otto e Novecento.

C’è quindi chi si limita a registrare il nuovo status della categoria storiografica, sforzandosi parimenti di dargli consistenza teorica –per Gioanola equivale alla somma di svariate componenti culturali, filosofiche ed estetiche-, e chi invece adotta una posizione più radicale, arrivando a contestare l’esistenza stessa di tale fenomeno, soprattutto per quanto riguarda l’Italia. Tra questi ultimi non possiamo non ricordare il punto di vista di Praz, il quale ribadisce, prima in un articolo degli anni Sessanta e poi nel suo contributo all’Enciclopedia della letteratura italiana, l’inesistenza di un movimento letterario decadente nella penisola. Tra i massimi conoscitori delle opere del “Decadentismo”, il critico letterario sostiene che a considerare la produzione delle personalità artistiche di autori italiani, che per convenzione si definirono decadenti, ci si accorge che qualitativamente non reggono il confronto con i loro omonimi d’oltralpe. L’autore sceglie tra l’altro una metafora abbastanza degradante per chiarire il segno del proprio giudizio.

Tale valutazione, secondo cui si qualifica come scadenti e secondari i risultati artistici del “Decadentismo” italiano e se ne riconosce soltanto qualche isolato esempio d’eccellenza, è condivisa anche da altri critici, come vedremo, ed è motivata nella maggior parte dei casi dal fatto che le vere origini del fenomeno sono da ricercare altrove. Sia il ritardo nell’evoluzione economica e sociale dello Stato italiano recentemente unificato, sia

il diffuso provincialismo culturale che sottende le peculiari caratteristiche della stagione romantica italiana, non configurano lo scenario propizio al manifestarsi della nuova stagione artistica. L’insorgere e il successivo svolgersi del “Decadentismo” coincide con una serie di congiunture molto più favorevoli in Francia e in Inghilterra. Da qui poi le nuove esperienze si irradiarono verso le zone più provinciali d’Europa, tra cui appunto l’Italia.

A questo proposito va osservato che lo studio dell’origine del “Decadentismo”

italiano, tra coloro che sostennero l’inutilità del dibattito su questa categoria, convinti com’erano dell’inconsistenza del referente storico, diventa piuttosto l’indagine sulle modalità con cui certe esperienze straniere giunsero ai principali centri culturali italiani (Milano e Roma), come furono accolte e in che misura assimilate dai nostri autori.

In questo senso, Elsa Sormani imposta un lavoro di fondamentale importanza, ricchissimo di dati e di riferimenti letterario-culturali, sull’infiltrarsi delle innovative esperienze europee nella letteratura italiana post-romantica134. Oggetto del saggio sono i protagonisti dell’ultimo ventennio dell’Ottocento, dalla Scapigliatura al D’Annunzio del periodo romano, quali divulgatori della nuova poesia. In particolare prende in esame scrittori e riviste letterarie attivi nel contesto della Roma bizantina, centro nevralgico dell’estetismo italiano. Prima di estendere la propria ricerca ai materiali poetici fa alcune premesse di carattere generale che ci sembra utile riportare. Innanzitutto mette in evidenza una sfasatura cronologica tra l’esperienza francese e quella italiana, per cui il

“Decadentismo” non si modella a partire dalle più avanzate e contemporanee manifestazione simbolistiche, ma piuttosto sulle tendenze culturali precedenti, quali l’estetismo con le sue varianti parnassiana e inglese. Inoltre, l’innesto avviene in modo prematuro. È facile accorgersi che non si sono ancora create nel paese recettore le condizioni favorevoli ad una assimilazione consapevole e profonda da parte della maggior parte degli autori tardoromantici, cosicché si assiste ad una “strumentalizzazione di certi temi e di certi spunti di sensibilità”135. Ne deriva il carattere atipico di una letteratura moderna che, sebbene si nutra delle suggestioni provenienti dall’estero, non può seguirne gli stessi sviluppi. Al riguardo l’autrice osserva che:

è significativo il processo con cui in Italia il decadentismo viene depurato, decurtato, esorcizzato, ridotto dai fruitori o dai mediatori di cultura, sì da privarlo dei suoi “veleni”, ma anche della sua carica eversiva e innovatrice.136

134 Vid. E. Sormani, Bizantini e decadenti nell’Italia umbertina, Bari, Laterza, 1978.

135 Cfr. Ibidem, p. 5

136 Cfr. Ibidem, p. 5

Le modalità mediante le quali avviene il trasferimento e il trapianto di esperienze straniere condizionano il carattere proprio che acquista il “Decadentismo” sul suolo italiano.

Che il movimento decadente sia un prodotto culturale francese ed inglese dove trova le ragioni politiche del suo maturare, e che solo in un secondo momento venga accolto in modo parziale e svolto in tono minore dagli autori nostrani, è un dato incontrovertibile su cui non discutono neppure i sostenitori dell’esistenza di un fenomeno decadente italiano.

Riprendendo il filo del nostro discorso, va ricordato che in quegli anni di impasse non solo si parla di “Decadentismo” per negarlo, ma anche per passarne al vaglio i concetti elaborati tradizionalmente. Il problema che si pone non è quello di proporre nuove teorie esplicative su tale fase culturale, ma quello di poter dare un corretto inquadramento metodologico ad una realtà storica, quella di coloro che qualificarono “decadente” la propria operazione artistica. Per essere più precisi, il nodo della questione non sta, ricorrendo alle parole di Petronio, nel:

negare che il decadentismo o il romanticismo siano esistiti; ma di capire che cosa hanno voluto dire con questi termini quelli che di volta in volta li hanno usati; per empirli noi, se ci pare utile, di un significato diverso, rispondente alla nostra visione del processo storico.137

Facendo il punto della situazione, quindi, i critici letterari, alle soglie degli anni Ottanta, messi da parte i pseudo-concetti letterari sovrapposti alla vera portata del fenomeno, si trovano disorientati. Tuttavia, prima di muoversi in nuove direzioni, ci si preoccupa non solo di fare chiarezza sull’uso che è stato fatto del termine, ma anche di esplorare in modo più approfondito e dettagliato il contesto storico originario. Sono consapevoli che non è più possibile giungere ad una descrizione organica di una fase culturale che è piuttosto ricca di contraddizioni e di aspetti eterogenei, difficilmente assimilabili in uno stesso modello unitario. Nella maggior parte dei casi, entrambe queste operazioni approdano a una nuova periodizzazione. Questione che, tra l’altro, come vedremo a conclusione della presente esposizione, rimane ancora aperta. Vediamo alcuni esempi di articoli orientati in questo modo. I primi che presenteremo sono quelli di due illustri studiosi del Novecento italiano, Norbert Jonard138 e Giuseppe Petronio139, mentre

137 Cfr. G. Petronio, “Il “decadentismo”: la parola e la cosa”, Quaderni del Vittoriale, 36 (1982), pp. 9-24, p.

10. 138 Vid. N. Jonard, “Alle origini del Decadentismo. Il termine e il significato”, Problemi, 59 (1980), pp.

196-220.

in un secondo tempo si introdurranno le conclusioni a cui giunge Marina Paladini Musitelli140 alla fine del suo excursus sulla storia critica del termine141.

Sia Petronio che Jonard affrontano il problema del significato del vocabolo prendendo in considerazione coloro che si autodefinirono in questo modo. Un gruppo di artisti francesi inaugurava alla fine degli anni Ottanta del diciannovesimo secolo quello che sarebbe stato il primo uso convenzionale di questa parola. Essere decadenti implicava allora sottoscrivere determinati valori culturali, estetici, politici che rispondevano a specifiche tendenze del panorama europeo fin de siècle. In questo modo Jonard approfondisce le modalità con cui si sviluppò l’idea di “decadenza” in diversi ambiti culturali e come influì in quello letterario. Anche l’operazione critica di Petronio è tesa a chiarire il significato della prima utilizzazione dell’aggettivo “decadente”. Entrambi completano la descrizione dei codici culturali che informano il fenomeno letterario ricercando nel contesto le cause storiche del suo attecchire, soprattutto in relazione alla trasformazione del ruolo dell’intellettuale nel seno dell’incipiente società mercantile.

A proposito dell’arco cronologico in cui si estende il movimento, i due studiosi giungono alla conclusione che all’accezione ampia di “Decadentismo”, sia in senso cronologico che connotativo, è preferibile adottarne una più ridotta ma aderente alle reali dimensioni storiche del fatto letterario. Essi sono d’accordo nell’affermare che con il termine “Decadentismo” è più legittimo identificare un aspetto di un periodo eterogeneo, da non confondere quindi con l’epoca. Jonard sostiene perciò che:

Decadentismo è un fenomeno di un’epoca che non si può identificare con tutta l’epoca, perché in questa fine secolo Naturalismo e Verismo hanno raggiunto l’apogeo ed è apparsa una nuova avanguardia che si affermerà dopo la prima guerra mondiale.142

All’interno della stessa tendenza manifestata da questi articoli, è opportuno dar notizia di quegli studiosi che fecero della storia del concetto e del termine “Decadentismo”

un oggetto di studio e di approfondimento. Spiccano la comunicazione presentata da Musitelli al Convegno di Trieste del 1980 o l’antologia composta da testi letterari e da

139 Vid. G. Petronio, “Il “decadentismo”: la parola...”

140 Vid. M. Paladini Musitelli, “Il concetto di Decadentismo...”

141 I tre articoli a cui si fa riferimento sono la versione (ampliata e corretta) di alcune relazioni presentate a diversi Convegni. Quelle di Norbert Jonard e di Marina Paladini Musitelli sono raccolte negli atti del Convegno su Il Decadentismo italiano e il suo insegnamento all’estero tenutosi a Trieste nei giorni 21-23 febbraio 1980; mentre quella di Giuseppe Petronio rimanda al suo intervento al Convegno su D’Annunzio e Pirandello tenutosi a Gardone nei giorni 3-5 settembre 1982 e organizzato dalla Fondazione del Vittoriale e dal Centro nazionale di Studi pirandelliani di Agrigento.

142 Cfr. N. Jonard, “Alle origini del Decadentismo...”, p. 218. Allo stesso modo Petronio sostiene che: “Il

“decadentismo” fu un momento, o un aspetto, di un movimento più vasto [...] Non è sbagliato perciò vedere il “decadentismo” come una faccia di un poliedro, di cui altre facce erano l’estetismo o dandysmo e il simbolismo”, cfr. G. Petronio, “Il “decadentismo”: la parola...”, p. 14.

brani critici realizzata da Enrico Ghidetti143. Di quest’ultimo volume ci pare significativa, in relazione a quanto si è appena segnalato, la modalità diretta di presentazione delle opere dei principali protagonisti del “Decadentismo” europeo e dei fondamentali studi critici del concetto, priva dunque di qualsiasi azione mediatrice e interpretativa da parte dello studioso.

Ma ritornando all’articolo della Musitelli, è da riconoscere che costituisce una lettura molto interessante in quanto ripercorre l’evoluzione delle interpretazioni elaborate dalla critica italiana lungo tutto il Ventesimo secolo alla luce delle motivazioni storiche ed ideologiche che orientarono le varie tendenze. L’autrice contestualizza il lavoro di coloro che parteciparono al dibattito allo scopo di evidenziare le strumentalizzazioni di cui fu fatta oggetto tale definizione. Non diversamente dalla conclusione a cui giungono Petronio e Jonard, anch’essa considera che ha smesso di essere operativo l’uso dell’etichetta

“Decadentismo” in chiave connotativa. Non resta quindi che servirsene in modo cronologico per segnalare un determinato periodo storico e letterario. Su queste basi si chiede:

Cosa significa questo se non che non è più possibile definire con un termine unico una fase culturale che, pur presentando alcuni elementi comuni, ad una più attenta osservazione rivela motivi di profonda differenziazione interna che sollecitano la revisione della tradizionale periodizzazione assegnata al decadentismo: 1885-1915 e oltre?144.

Ciò non toglie che sostanzialmente il termine continui ad essere usato dagli studiosi italiani sotto due punti di vista diversi. A grandi linee e per comodità espositiva è possibile individuare una prospettiva estensiva ed una ristretta dell’uso. Tra queste due alternative è costretto a scegliere chi affronta un’approssimazione al concetto o alla realtà storico-letteraria del “Decadentismo”.

Occorre chiarire però che, per quanto concerne il valore estensivo e metaforico di questo vocabolo, esso risale alla scuola crociana e a quella marxista. Anche se ormai ha perso ogni implicazione estranea al fenomeno puramente letterario e culturale. Detto ciò, si può notare che in questo senso il termine mira a designare un’intera fase storico-culturale e letteraria europea, nonché italiana, che può farsi iniziare all’incirca negli anni del movimento decadentista francese e si estenderebbe al Novecento, comprendendo le avanguardie. Per alcuni critici, che si pongono in quest’ottica, come ad esempio i già menzionati Gioanola e Landolfi, il “Decadentismo” si protenderebbe fino agli anni

143 Vid. E. Ghidetti, Il Decadentismo. Materiali e testimonianze critiche, Roma, Riuniti, 1984.

144 Cfr. M. Paladini Musitelli, “Il concetto di Decadentismo...”, p. 244.

Cinquanta, in quanto designa non solo la crisi apertasi sullo scadere del secolo ma anche i suoi esiti.

D’accordo con questa accezione, Gioanola situa le poetiche del “Decadentismo”

alle origini della letteratura contemporanea, giacché vi si cristallizzano le peculiari innovazioni delle istituzioni letterarie e culturali di fine secolo. Da queste, in seguito, si svilupperanno le forme della narrativa e della poesia del Novecento emblematiche del disagio esistenziale della modernità. A proposito dell’ambito italiano, Gioanola considera Pascoli e D’Annunzio i primi autori decadenti, anche se non dimentica di sottolineare il particolare carattere della loro partecipazione al “Decadentismo”, a cui pervengono per vie aleatorie e non per un’acquisizione consapevole. Comunque, ritornando a ciò che più ci interessa sottolineare, la visione d’insieme del critico su cui si basa la costruzione della sua ipotesi non è monolitica. Egli distingue tra un “primo Decadentismo” e un “secondo Decadentismo”. Il primo corrisponderebbe alla fase “decadente” della letteratura, quella dove l’angoscia dell’esserci intravista dall’artista moderno è esorcizzata attraverso atteggiamenti superomistici e di ribellione. Mentre il secondo coinciderebbe con la fase

“decaduta”, in cui l’artista esprime, senza filtri illusori e consolatori, l’estraneità alla realtà e l’incapacità di trovare un senso al vivere, sistematizzati teoricamente nel pensiero degli esistenzialisti.

In questa stessa linea si inserisce un recente saggio di Landolfi dal titolo Per un’interpretazione del decadentismo, con prologo di Gioanola. Qui lo studioso propende per un’applicazione del termine al periodo marcato dalla crisi che risale al Rinascimento.

Questa è l’impostazione che dà alla sua definizione:

a mio parere, il Decadentismo rappresenta il momento storico in cui la civiltà occidentale assume la consapevolezza della crisi in cui si dibatte da parecchi secoli. Dal Seicento in poi la nostra cultura si è dimostrata incapace di affrontare in modo soddisfacente i problemi fondamentali dell’esistenza e, dopo aver tentato soluzioni diverse, è pervenuta alla coscienza del proprio fallimento.145

E più avanti riassume dicendo che: “il Decadentismo, pertanto, può essere interpretato come il percorso della cultura di fine Ottocento e del primo Novecento per esplorare le dimensioni della crisi e consumarne gli esiti”146.

Nell’accezione più ristretta e più rigorosamente storica che proviene dalla storiografia francese, il termine individua un gruppo di scrittori facenti capo a Verlaine

145 Cfr. G. Landolfi, Per un’interpretazione..., p. 21.

146 Cfr. Ibidem, p. 29.

attivi tra il 1880 e il 1886147. Movimento che confluirà nel Simbolismo intorno al 1885.

Mentre per quanto riguarda la letteratura italiana, il fenomeno decadentista si inquadra nel periodo compreso tra il 1883 e il 1903, stretto cioè tra il magistero di Carducci, l’esaurirsi del Verismo e l’avvento delle esperienze avanguardiste.

Di questo parere è Ghidetti. Nell’introduzione al volume sopra citato, il critico realizza un’ampia panoramica dell’epoca letteraria in Europa e in Italia messa in relazione alle sue peculiari condizioni culturali e politiche, senza dimenticare di accennare alle polemiche, sorte in sede critica, attinenti sia alla relazione tra Romanticismo e

“Decadentismo”, sia all’abuso in senso morale e etico-politico di tale termine. Ne deriva secondo Ghidetti il problema di stabilire i limiti cronologici di un’etichetta ormai svincolata dai discorsi della tradizione. Per quanto riguarda il caso italiano, una soluzione praticabile è quella di: “circoscrivere in sede storiografica l’uso della nozione di decadentismo all’ultimo ventennio del secolo XIX”148. Una delimitazione simile propone Luperini prima di realizzare un lucido esame storico-critico della letteratura di fine Ottocento e inizio Novecento149. Luperini distingue nettamente tra “Decadentismo” e avanguardie, pur riconoscendone l’origine nella “medesima crisi storica”. E offre il seguente quadro riassuntivo dell’età decadentistica:

nel suo filone principale [...] il decadentismo italiano appare insomma un fenomeno reciso, circoscritto nel tempo (perché chiaramente distinto dai movimenti d’avanguardia del primo Novecento), legato a una nozione del ruolo dell’intellettuale ben datata storicamente e alla problematica, inevitabilmente angusta e un po’ provinciale, che ne consegue [...] e che ne determina i limiti anche cronologici, grosso modo coincidenti con l’ultimo quindicennio del secolo e i primissimi anni del nuovo.150

Alla stregua di Luperini e di Ghidetti, Giovannetti afferma la sostanziale diversità tra la letteratura prodotta nell’Ottocento e quella del Novecento e delimita le coordinate del “Decadentismo” chiarendo che: “abbiamo così individuato un periodo -1883-1903, appunto- al quale è lecito applicare l’etichetta di decadentismo”151. Esclude allora l’uso estensivo del termine poiché ne vede il carattere approssimativo e artificiale. Afferma categoricamente di sostenere un’idea di “Decadentismo” italiano che mira a sottolineare

147 Anatole Baju dà l’avvio all’uso del termine Decadentismo per designare un orientamento artistico che si sviluppa in Francia negli anni Ottanta del XIX secolo in un articolo, “Ai lettori!” apparso sul primo numero della rivista Le Décadent del 10 aprile 1886, e dove espone le caratteristiche della nuova letteratura.

148 Cfr. E. Ghidetti, Il Decadentismo..., p. 22.

149 Vid. R. Luperini, Il Novecento. Apparati ideologici, ceto intelllettuale, sistemi formati nella letteratura italiana contemporanea, vol. II, Torino, Loescher, 1994, (1ª ed. 1981). Lo studioso rimanda per l’istituzione di un simile intervallo temporale stabilito sulla base dei testi all’opera di E.Ghidetti, Il Decadentismo...

150 Cfr. Ibidem, p. 12.

151 Cfr. P. Giovannetti, Decadentismo..., p. 56.