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MATERIALE DIDATTICO IDONEITA’ ALLA CLASSE 5

ESTIMO

Indice

IL TASSO D’INTERESSE L’ESTIMO COMMERCIALE L’ESTIMO INDUSTRIALE IL VALORE DI MERCATO IL COMPUTO METRICO

COSTI DI MANUTENZIONE SUL VALORE AGGIUNTO LA MANUTENZIONE

IL CATASTO URBANO L’ USUFRUTTO

LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DIRITTO DI SUPERFICIE

STIMA DELLE AREE FABBRICABILI LA STIMA

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IL TASSO D’INTERESSE

In economia, il tasso (o saggio) di interesse effettivo rappresenta la

misura dell'interesse su un prestito e l'importo della remunerazione spettante al prestatore.

Viene espresso come una percentuale per un dato periodo di tempo e indica quanta parte della somma prestata debba essere corrisposta come interesse al termine del tempo considerato o, da un altro punto di vista, indica il costo del denaro. Il debitore, infatti, ricevendo una somma di denaro, si impegna a pagare una somma superiore a quella ricevuta. La differenza costituisce l'interesse, che viene solitamente calcolato in percentuale sulla somma prestata. Tale percentuale costituisce il tasso di interesse. Il tasso d'interesse è variabile anche in funzione della moneta di riferimento, del rischio connesso alla solvibilità del debitore e della lunghezza del periodo di riferimento.

Oltre che dalla percentuale, i tassi d'interesse sono caratterizzati dal

cosiddetto regime di capitalizzazione degli interessi, che può essere

semplice o composto. Se la durata del prestito è superiore al periodo di

tempo per cui l'interesse viene conteggiato, si parla di tasso di interesse

composto, perché vengono conteggiati nel calcolo dell'interesse finale anche gli interessi parziali già maturati per ogni periodo.

L'interesse viene detto semplice quando è proporzionale al capitale e al tempo. Ovvero gli interessi maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti e, quindi, non maturano a loro volta interessi.

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C il capitale iniziale

i il tasso di interesse periodale (in genere tasso unitario annuo, ma

può essere mensile, trimestrale...)

t durata temporale della operazione, espressa in numero di periodi

(in genere anni)

M il capitale finale, detto anche montante, pari alla somma di

capitale iniziale più gli interessi maturati

si avrà che il montante al tempo t sarà la soluzione della seguente

equazione alle differenze con M0 = C:

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L’ESTIMO COMMERCIALE

Consiste nella stima di valutazione degli investimenti. Valutare un investimento è definito come processo di trasferimento di risorse nell'intento di accrescere l'ammontare del capitale posseduto (sia esso finanziario, azionario o industriale) per conferire un maggior livello di utilità all'intero sistema di valore economico posseduto da società commerciale. S'intende per società commerciale un'azienda che opera nel mercato della domanda e dell'offerta, comprando beni o investendo in costruzione di beni, come la casa, (società commerciale immobiliare) per poi rivenderli ricavandone un profitto. L'estimo commerciale è: a-sia la stima del valore dell'investimento che la società commerciale vuole fare; b- sia attribuire e calcolare il valore della stessa società commerciale. a- La stima del valore di un investimento consiste nel valutare se nel tempo il Capitale iniziale investito aumenta di un tasso r superiore al saggio d'interesse di mercato s. Si ha l'equazione: Cn=Co.q^n * Cn= Capitale finale Co= Capitale iniziale investito q= (1+r) n= il tempo di durata dell'investimento Investendo il capitale Co dopo n tempo si avrà Cn Il vantaggio economico calcolando dalla formula * r e comparandolo col saggio d'interesso minimale (saggio d'interesse bancario) e col saggio d'investimento massimale del settore nel quale si è investito, ricavandolo dall'aumento (o diminuzione) dei titoli azionari.

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ESTIMO INDUSTRIALE

Esso consiste nel dare un valore di stima ad un'industria in produzione.

Tale valore si calcola con diverse metodiche che all'ultimo vengono

comparate tra di loro per avere un equo giudizio di stima. a-Valore di

mercato attraverso il metodo reddituale: un'industria col suo bilancio

consuntivo annuale ha un reddito che ci è dato dall'equazione:

Ra=Produzione lorda vendibile-( Sommatoria dei costi di produzione)*

.La produzione lorda vendibile è il valore delle merci vendute: .La

sommatoria dei costi di produzione sono: manodopera+valore di

ammortamento delle macchine+assicurazioni+interessi negativi

bancari+somme destinate alle ristrutturazioni aziendali in funzione

dell'innovazione tecnologica delle macchine produttive+stipendi di

funzionari ed amministratori+somme destinate alla pubblicità+materiali

complementari comprati in industrie complementari+tutte quelle spese

necessaria annuali ad un buon andamento dell'industria; Facendo la media

di Ra di cinque anni precedenti si ha il Reddito annuo medio. Per avere il

valore dell'industria si capitalizza Ra: Ra/r dove r è il saggio

d'investimento del settore e lo si ricava dalla media dei saggi di industrie

simili. -b- Calcolo di stima del valore dell'industria per valore sintetico.

Si analizzeranno un discreto numero di imprese simili e se ne fa la media.

Il calcolo col metodo reddituale(a) va comparato valore sintetico. Si fa la

media dei due valori. Infine si valuta la prospettiva di produzione

dell'industria analizzando l'espansione dei prodotti dell'in. col mercato

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IL VALORE DI MERCATO

Per valore di mercato si intende, in linea generale, il controvalore (solitamente in denaro) di un bene nell'ambito della compravendita dello

stesso in un mercato liquido e tra parti consapevoli.

Esso è pertanto determinato in primis dal valore materiale del bene

stesso, corretto da altri fattori quali, ad esempio, la legge della domanda e

dell'offerta, et in secundis dalla volontà del compratore di acquistare e

quella del proprietario del bene di vendere.Il valore di mercato è dato quindi dalla quantità di moneta che si scambia con un determinato bene. In determinati ambiti (ad esempio il settore immobiliare) tale valore è ricavato attraverso perizie e stime che portano a determinare il valore del un bene che tuttavia non costituisce, di per sé, il valore di mercato, bensì soltanto una base di partenza per la definitiva determinazione di quest'ultimo. Tra i sette valori( valore di mercato, costo, capitalizzazione, trasformazione, surrogazione, complementare e d'uso sociale) il valore di mercato è quello "fondamentale" mentre gli altri sono "accesori" o "derivati" in quanto derivano dal valore di mercato e dal valore di costo.

Il concetto di valore di mercato assume un'importanza particolare nella compravendita di titoli che abbiano un valore nominale, quali azioni o quote di società di capitali; in questo caso il valore di mercato viene determinato sulla base del patrimonio della società stessa, sul suo posizionamento sul mercato di riferimento, su parametri di redditività, su aspettative che gli operatori nutrono circa l'andamento futuro ma anche sulle contingenze economiche che si vengono a creare (a tal proposito possono essere citate, come esempio fra tanti, le temporanee crisi di liquidità che creano effetti distorsivi sui mercati dei capitali). L'analisi del valore di mercato delle azioni, tuttavia, si interseca, inevitabilmente, con le valutazioni del corso futuro dei titoli o, per meglio dire, la stima del

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valore futuro in momenti successivi all'istante di valutazione; le tecniche di base maggiormente utilizzate, sono quelle fondate da un lato sui modelli stocastici che furono teorizzati verso l'inizio degli anni '70 di cui le più famose sono: Metodo di Molte Carlo, Modello Binomiale di

Cox-Ross-Rubinstein, Modello di Black-Scholes-Merton (utilizzati,

prevalentemente, per la stima del valore dei derivati) e il Modello CIR (adatto soprattutto per ciò che riguarda l'apetto comportamentale dei tassi di interesse) e dall'altro i modelli come il CAPM e ATP o modelli multifattorili.

Nel caso delle società per azioni quotate alla Borsa valori, per la determinazione del valore di mercato si prende in considerazione la quotazione delle azioni (solitamente una media dei prezzi in un arco temporale definito e prossimo all'atto di compravendita), se del caso con l'aiuto di uno o più advisor, che molte volte è una banca d'affari. Queste società di consulenza (advisor) utilizzano sistemi di valutazione che si fondano sull'implementazione di tecniche quali: dei multipli di mercato e

sulla stima dei flussi di cassa attesi.

Un altro caso può essere quello delle obbligazioni, anch'esse a volte quotate in Borsa, nel quale il valore di mercato viene determinato dalla appetibilità del titolo: rating dell'emittente, tasso di interesse corrisposto, durata temporale, eventuale convertibilità in azioni, facilità di negoziazione.

Occorre precisare inoltre che il valore di mercato di un titolo può essere diverso, anche in misura considerevole, dal valore nominale; a tal proposito sono presenti sul mercato strumenti finanziari chiamati derivati (Opzione europea, opzioni americane, Opzione asiatica ed Opzioni esotiche) o derivati strutturati (nel caso la loro complessità induca il valutatore a scomporre lo strumento in "derivati base") di cui al momento

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della sottoscrizione non si conosce esattamente il valore futuro ma di cui si può solo fare una stima (utilizzando le tecniche di cui sopra) in cui però devono essere poste delle ipotesi di base che inevitabilmente devono essere tenute in considerazione per la valudità dei risultati ottenuti.

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IL COMPUTO METRICO

Il computo metrico estimativo è il documento attraverso la cui compilazione si perviene a definire il costo di costruzione di un'opera edilizia.

Nella sua forma più elementare, consiste in una tabella le cui intestazioni (riga orizzontale) sono denominate rispettivamente:

• Descrizione della natura della spesa;

• Unità di misura e quantità del lavoro da eseguire (m², m³, m);

• Prezzo unitario (es.: €/m², €/m³, a corpo);

• Importo complessivo.

Il prodotto fra la quantità ed il prezzo unitario definisce l'importo complessivo della singola spesa. La somma delle singole voci di spesa definisce il costo di costruzione occorso per la costruzione dell'opera.

La definizione "estimativo" sta ad indicare che i dati del computo metrico vengono utilizzati anche per conseguire finalità di valutazione estimativa, cioè di individuazione del valore di quei beni (in genere fabbricati e aziende) per i quali non esistono dei prezzi di mercato univoci. Va detto inoltre che esistono due tipi di computo metrico:

• computo metrico consuntivo: è quello che viene redatto dopo

l'operazione;

• computo metrico preventivo: è quello che viene redatto prima

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COSTI DI MANUTENZIONE SUL VALORE AGGIUNTO

Misura l'incidenza percentuale del costo della manutenzione sul valore aggiunto (incremento di valore che il prodotto ha ricevuto al termine del ciclo produttivo al netto dei costi dovuti a terzi).

Fornisce indicazioni su come definire le politiche di manutenzione con riferimento all'incidenza dei costi di manutenzione rispetto al totale dei costi considerati.

Tale indice è di validità generale, ma la confrontabilità fra diversi casi è limitata ad impianti e produzioni tecnologicamente simili.

• Costi di manutenzione = Costi direttamente attribuibili all'attività

di manutenzione (ad esercizio o da capitalizzare)

• Valore aggiunto = Produzione valorizzata meno costi di forniture

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LA MANUTENZIONE

Da quando l’OCSE, nel 1963, diede una prima originale definizione di manutenzione, molte cose sono cambiate e, particolarmente nel corso degli anni ’80, sono state formulate nuove teorie, non ancora compiutamente applicate.

In una delibera dell’OCSE del 1963, la manutenzione fu definita con: “S’intende per manutenzione quella funzione aziendale alla quale sono demandati il controllo costante degli impianti e l'insieme dei lavori di riparazione e revisione necessari ad assicurare il funzionamento regolare e il buono stato di conservazione degli impianti produttivi, dei servizi e delle attrezzature di stabilimento.”

Nel mondo della normazione queste trasformazioni sono passate pressoché inosservate al punto che la definizione più recente formulata dal Comitato Tecnico TC319 (2003) non rappresenta una evoluzione significativa rispetto a quella più antica formulata dall’OCSE (1963), come si può osservare nel riquadro che segue. La commissione manutenzione dell’UNI, oltre quindici anni fa, nella UNI 9910 poi UNI 10147, definì la manutenzione come “Combinazione di tutte le azioni tecniche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare una entità in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta”.

Nel 2003 queste norme furono sostituite dalla UNI EN 13306, che definisce la manutenzione come “combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, previste durante il ciclo di vita di un’entità, destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta”.

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Nel 1970 la manutenzione fu recepita come “scienza della conservazione” e venne coniato per l’occasione un nuovo termine: Terotecnologia (dal greco terein = conservare, prendesi cura di; che significa letteralmente “tecnologia della conservazione”). La British Standard Institution (ente normatore inglese fondato nel 1901) nel 1970 associò alla Terotecnologia questa definizione: “La Terotecnologia è una combinazione di direzione, finanza, ingegneria e altre discipline, applicate ai beni fisici per perseguire un economico costo del ciclo di vita ad esse relativo. Tale obiettivo è ottenuto con il progetto e l'applicazione della disponibilità e della manutenibilità agli impianti, alle macchine, alle attrezzature, ai fabbricati e alle strutture in genere, considerando la loro progettazione, installazione, manutenzione, miglioramento, rimpiazzo con tutti i conseguenti ritorni di informazioni sulla progettazione, le prestazioni e i costi.”

La definizione di terotecnologia è certamente più ampia di quelle associate alla manutenzione fino a questo momento, ma contiene anche dei concetti che non sono propriamente manutentivi e si rivolge principalmente all’ambiente industriale.

Per contro questa definizione non può naturalmente recepire le evoluzioni che sono avvenute nel quarantennio successivo e che hanno coinvolto l’ambiente antropizzato nel suo insieme, con un mutuo scambio di esperienze e di culture fra settori apparentemente molto diversi fra loro.

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IL CATASTO URBANO

La formazione del catasto urbano comprende tutte quelle operazioni atte a classificare tutti i beni immobili dello stato.

L’accertamento generale degli immobili si esegue per unità immobiliari ed è giusto precisare che non solo un generico fabbricato, ma qualsiasi porzione dello stesso (negozi, uffici, box), o un insieme di fabbricati capaci di produrre un reddito proprio, nonché un prefabbricato solo appoggiato al suolo purché stabile nel tempo come un'edicola costituiscono un’unità immobiliare; inoltre fanno parte di un’unità immobiliare tutti i suoi accessori e le sue dipendenze purché:

• Formino parte integrante della stessa unità immobiliare;

• Ne costituiscano completamento necessario ed anche solo

efficiente;

• Concorrano a determinarne l’uso e la rendita.

La qualificazione

Il territorio di ogni comune fu distinto in zone territoriali omogenee e devono comprendere zone in cui siano presenti unità immobiliari similari, nell’ambito di ognuna di essa vi è l’individuazione di microzone che sono la rappresentanza di una porzione di territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico ambientali, socio economici, nonché nella dotazione di servizi, ed in ogni microzona vi sono unità immobiliari similari per vari aspetti. Sono stati distinti tre raggruppamenti,ulteriormente divisi in sei gruppi di categorie.

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• Gruppo A(Unità di consistenza = vano utile;immobili a

destinazione residenziale)

o A1 abitazioni di tipo signorile

o A2 abitazioni di tipo civile

o A3 abitazioni di tipo economico

o A4 abitazioni di tipo popolare

o A7 abitazioni in villini

o A8 abitazioni in ville

o A9 castelli e palazzi

o A10 uffici e studi privati

o A11 abitazioni ed alloggi tipici del luogo

• Gruppo B immobili ad uso collettivo; Unità di consistenza = mc

• Gruppo C immobili ad uso produttivo; Unità di consistenza = mq

IMMOBILI A DESTINAZIONE SPECIALE (gruppo D; unità di consistenza = stima per intero)

IMMOBILI A DESTINAZIONE PARTICOLARE (gruppo E,F; unità di consistenza = stima per intero)

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L’USUFRUTTO

L'usufrutto è un diritto reale minore regolato dagli articoli 978 e seguenti

del codice civile, consistente nella facoltà di godimento di un bene uti

dominus (utilizzandolo per il proprio vantaggio, potendo percepirne anche i frutti), limitata solo dal non poterne trasferire la proprietà principale ed al rispetto della destinazione economica impressavi dal proprietario.

Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui dal contenuto molto vasto: le facoltà dell'usufruttuario hanno infatti un'estensione che si approssima, pur senza raggiungerla, alla facoltà di godere delle cose spettante al proprietario, al quale residua la nuda proprietà.

Il diritto di usufrutto è sempre temporaneo. Non può infatti durare oltre la vita dell'usufruttuario o, se questo è una persona giuridica, oltre il termine di trenta anni. L'usufrutto, che viene disposto contro il proprietario, può essere costituito anche a favore di una pluralità di viventi, ed opera fra questi il diritto di accrescimento, estinguendosi in questo caso l'usufrutto alla morte dell'ultimo superstite.

Le spese e le imposte relative alla cosa sono ripartite tra nudo proprietario (spese per le straordinarie riparazioni ed imposte che gravano sulla proprietà) ed usufruttuario (spese per l'ordinaria manutenzione ed imposte che incombono sul reddito). Il nudo proprietario può rifiutarsi di pagare le spese straordinarie relative alla proprietà, in questo caso l'usufruttuario può decidere di coprire le incombenze e pretendere successivamente il rimborso dei beni versati per sostenere le spese straordinarie al momento della cessazione dell'usufrutto.

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La separazione di usufrutto e nuda proprietà è uno schema talora utilizzato nella vendita di immobili. Il valore di mercato dell'immobile viene scontato di un ammontare che decresce con l'età dell'usufruttuario, poiché si prevede rispetto alla vita media un minore numero di anni in cui diventerà pieno l'esercizio dei diritti di proprietà e l'immobile sarà abitabile per l'acquirente. In alcuni casi, è lo stesso proprietario che vende la nuda proprietà dell'immobile per disporre di un reddito integrativo (per la vecchiaia in particolare), e si tiene l'usufrutto.

L'intestatario dell'immobile è certo della nuda proprietà, mentre può essere privato dell'usufrutto se non esercita i diritti ad esso legati (come la domiciliazione o l'affitto). I sindaci non hanno poteri di espropriazione forzata, ma la legge conferisce loro il potere di confisca degli immobili disabitati e sfitti da un periodo maggiore di 7 anni, per porre rimedio ad una situazione di caro-case e di emergenza abitativa. Il principio applicato è quello del primato della pubblica utilità sull'interesse privato, e in base a questo il Comune diventa l'usufruttuario che assegna gli immobili a persone residenti, e incassa un affitto da quanti si trasferiscono ad abitare negli appartamenti confiscati.

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LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

Per pianificazione territoriale si intende il governo dell'uso del suolo, in

un'area spaziale (cioè scala geografica e/o semplicemente scala), di

norma ampia (c.d scala vasta).

La pianificazione territoriale è una disciplina che in Italia nasce in seno all'Urbanistica che prioritariamente si occupa delle strutture urbane, ossia delle città. Quando queste strutture vengono assunte unitamente alle reti viabilistiche e/o ai sistemi produttivi e/o abitativi, nonché ai valori ambientali, distribuiti anche all'esterno delle aree urbane, ossia spazialmente decentrate, si costruisce l'approccio analitico tipico della Pianificazione del territorio.

Mentre in altri paesi esiste una maggiore tradizione verso il planning, in Italia lo studio della città e del territorio è sempre stato collegato prioritariamente all'urbanistica. In realtà solo dagli anni Settanta, con l'avvio delle normative e decentramento regionale (1), in Italia si tenta di porre la necessaria attenzione alle dinamiche della trasformazione territoriale alla scala ampia, anche specificando un autonomo approccio

disciplinare, volto alla Pianificazione del territorio in alternativa e/o

integrazione alla sola Urbanistica.

La pianificazione del territorio è un termine che continua ad arricchirsi

onde definire tutti quegli strumenti di natura concettuale, normativa e

tecnica volti alla corretta gestione dello spazio entro cui vive la popolazione, anch'esso in continua trasformazione.

Il territorio è un insieme complesso. Sicché può essere paragonato a diversi tipi di matrici concettuali, come per esempio quelle a tre dimensioni spaziali più quella temporale, che vivono, si evolvono, in

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stretta connessione con il tessuto sociale, produttivo ed ambientale della vita civile.

L'approccio più ambientale e/o sostenibile, propone di assumere queste dinamiche in armonia con le leggi che regolano, i processi dei rapporti ecosistemici, ovvero tra sistema biotico ed abiotico, o anche in definitiva all’evoluzione stessa delle dinamiche della vita.

La conoscenza delle caratteristiche dei sistemi territoriali è il punto di partenza per un corretto uso delle sue componenti, che hanno trovato una

felice sintesi secondo i principi dello Sviluppo Sostenibile proposto dal

Rapporto della Brundtland finanziato e pubblicato dall'ONU nel 1987 e sostenuto da oltre centocinquanta paesi aderenti. Tutta la cosiddetta moderna dottrina sulla Panificazione Territoriale in Italia, si avvale delle conquiste concettuali maturate negli ultimi decenni, sia a scala nazionale sia a seguito delle direttive della UE. Tra queste si ricorda la Valutazione dell'Impatto ambientale (VIA CEE/1985) e la Valutazione ambientale strategica (VAS UE-2004) che dovrebbero integrare approcci, come si dice, sempre più strategici verso la pianificazione del territorio.

Ciò che differenzia la pianificazione del territorio, dall'urbanistica è la diversa scala su cui si opera. Quindi da un lato non attenta prioritariamente alle dinamiche urbane che sono più localizzate, e dall'altro vincolata ai sistemi socio-economici che riguardano fenomeni di area vasta. E' naturale che in un approccio di programmazione integrata, ossia in modo non parcellizzato, i molti settori che insistono nel territorio,

si intrecciano, perlomeno, per forza di cose con la stessa sua gestione

sociale e politica. In tal modo molte discipline tradizionalmente attente ai fenomeni del vivere civile (l' Economia regionale , la Geografia, le Analisi delle politiche pubbliche, la Programmazione economica, ecc.)

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possono integrarsi con l'approccio teorico-programmatico della pianificazione del territorio.

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IL DIRITTO DI SUPERFICIE

Il diritto di superficie è un diritto reale minore di godimento disciplinato dall'articolo 952 e seguenti del Codice Civile, che consiste nell'edificare e mantenere una costruzione al di sopra (o al di sotto) di un fondo di proprietà altrui. La costituzione di questo diritto vale a sospendere il

principio di accessione.

Allo stesso modo si può alienare la proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del fondo, vendendo il solo diritto di superficie.

Se non diversamente specificato dal contratto, il diritto si intende concesso a tempo indeterminato. In caso di cessione a tempo determinato, una volta scaduto il termine, il diritto di superficie si estingue e riprende vigore il principio di accessione, con la conseguenza dell'acquisto della proprietà della costruzione da parte del proprietario del suolo (la cosiddetta elasticità del dominio).

Per la costruzione di edifici in diritto temporaneo di superficie, il proprietario ha la possibilità di riscattare i diritti di superficie ed ottenere il pieno godimento della proprietà del bene, pagando al proprietario del terreno per la cessione dei relativi diritti di superficie. Diversamente, il diritto di superficie è prevalente rispetto ai diritti di proprietà di quanto costruitovi sopra.

Il proprietario del terreno ha il diritto di chiedere la corresponsione di un canone, così come di disporre una diversa destinazione d'uso del terreno, che potrebbe comportare la demolizione di quanto costruito al di sopra di esso.

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Il diritto di mantenere una costruzione (non quello di edificare) è suscettibile di usucapione: costruita la casa, opera il principio di accessione, ma l’usucapione opera in forza del possesso ventennale della costruzione accompagnato da atti di riconoscimento dell’altruità del fondo (altrimenti si avrebbe usucapione della proprietà del fondo).

Nei condomini accade che i condomini siano comproprietari dell’area su cui insiste l’edificio ed abbiano, individualmente, diritto di superficie sulla stessa in relazione alle loro porzioni di proprietà solitaria.

È anche possibile che il diritto di superficie riguardi la sopraelevazione di un preesistente edificio.

Se la costruzione perisce, il superficiario avrà diritto di ricostruire, ma dal momento del perimento della costruzione comincerà a decorrere il termine ventennale di prescrizione.

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STIMA DELLE AREE FABBRICABILI

La stima delle aree fabbricabili sono quelle operazioni che permettono di valutare monetariamente un terreno. Si può definire area fabbricabile un terreno che si presti alla costruzione di un fabbricato civile, urbano e industriale; esse possono essere divise in:

• Ad uso pubblico per la realizzazione di opere pubbliche, a tal

proposito possono essere destinati sia terreni demaniali, sia terreni di proprietà privata e quindi soggetti ad esproprio;

• Ad uso privato atti cioè dalle necessità della vita civile e

produttiva; essi a loro volta posono ancora essere suddivisi in:

o Terreni agricoli cioè quelli che servono e serviranno ad uso

agricolo essi comprendono terreni coltivati, non coltivati per scelta del proprietario e terreni che ospitano costruzioni rurali;

o Terreni fabbricabili cioè quelli che indipendentemente

dall’uso attuale possono essere fabbricabili con fabbricati urbani, civili e industriali.

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STIMA

La stima delle aree fabbricabili sono quelle operazioni che permettono di valutare monetariamente un terreno. Si può definire area fabbricabile un terreno che si presti alla costruzione di un fabbricato civile, urbano e industriale; esse possono essere divise in:

• Ad uso pubblico per la realizzazione di opere pubbliche, a tal

proposito possono essere destinati sia terreni demaniali, sia terreni di proprietà privata e quindi soggetti ad esproprio;

• Ad uso privato atti cioè dalle necessità della vita civile e

produttiva; essi a loro volta posono ancora essere suddivisi in:

o Terreni agricoli cioè quelli che servono e serviranno ad uso

agricolo essi comprendono terreni coltivati, non coltivati per scelta del proprietario e terreni che ospitano costruzioni rurali;

o Terreni fabbricabili cioè quelli che indipendentemente

dall’uso attuale possono essere fabbricabili con fabbricati urbani, civili e industriali.

L’aspetto più rispondente alla stima delle aree fabbricabili è il valore di mercato e la sua stima è possibile solo con procedimento sintetico. Infatti le aree fabbricabili non danno alcun reddito o lo danno rimanendo solo coltivate ed esso è ininfluente per il valore di mercato.

La stima si risolve con la nota formula:

Vx = (SP / Sp) * px

Il parametro di stima più comunemente usato è la cubatura edificabile, poi poiché essa è data dal prodotto tra la superficie del lotto per il suo

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indice di edificabilità; la superficie del lotto sarà utilizzabile quando altri lotti comparati avranno stesso indice di edificabilità. Inoltre vanno aggiunti o detratti al valore ordinario ‘’comodi e scomodi’’ e infine andranno apportate le idonee ‘’Aggiunte’’ (come opere strutturali già presenti e svolgenti utile funzione, opere di carattere ornamentale e di pregio architettonico, progetto già approvato e concessione edilizia già ottenuta…) e ‘’detrazioni’’ (come spese necessarie a riportare l’area nelle condizioni ordinarie, servitù passive di passaggio, acquedotto…, Ipoteche per mutui…).

Si potrà anche eseguire una stima sintetico pratica determinando il valore dell’area come percentuale di costo dell’edificio da realizzare, si compie eseguendo una stima del fabbricato che si andrà a realizzare su quell’area tenendo conto di tutti i parametri legali del caso, come per esempio la cubatura edificabile e poi il valore dell’area sarà compreso tra il 20 e il 30 % del valore del fabbricato.

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