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IDONEITA' AGRARIA

TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI

- Chimica: Primi Concetti

- Chimica Organica

- Le Filiere Agroalimentari

- La Normativa Comunitaria

- Trasformazione Agroalimentare

- Conservazione

- Microbiologia degli Alimenti

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CHIMICA : PRIMI CONCETTI

La chimica è nata dall’esigenza di sapere la composizione e il comportamento delle varie sostanze.

LA CHIMICA E LE ALTRE SCIENZE:

La chimica è una scienza a stretto contatto con le altre, infatti usa la matematica come strumento di descrizione, ed ha molti collegamenti con la fisica (studiano lo stesso oggetto, la materia). Infatti la fisica studia il movimento e le sue cause, mentre la chimica studia le sostanze e il loro comportamento. La fisica studia i fenomeni fisici (che non comportano un cambiamento) mentre la chimica studia quelli chimici(comportano un cambiamento di sostanza). Molte scienze si avvalgono della chimica come la biologia, la medicina, la geologia, ma anche altre scienze come l’archeologia.

MATERIA:

La materia è tutto ciò che ci circonda, che occupa uno spazio e che ha una massa.

SOSTANZE:

Una sostanza è una forma di materia avente caratteristiche specifiche, proprie di quella sostanza. Sostanze sono lo zucchero, il sale, l’acqua ecc. Ci sono due tipi di caratteristiche: fisiche e chimiche. Fisiche sono quelle che possono essere determinate senza distruggere una sostanza (colore, sapore, durezza) mentre sono chimiche quelle che alla fine modificano la sostanza in esame (capacità di bruciare, composizione, reazione con acido).

ATOMI:

La materia è costituita da particelle piccolissime, chiamate atomi.

LIVELLO MACROSCOPICO E LIVELLO MICROSCOPICO:

Il livello microscopico è quello delle particelle piccolissime, dove è difficile lavorare e abbiamo bisogno dell’uso di microscopi e apparecchiature molto potenti. Il livello macroscopico è quello degli esperimenti e delle varie prove, è quello che usiamo in laboratorio e con cui si lavora più facilmente.

ELEMENTI:

Gli elementi sono quelle sostanze che quando vengono analizzate risultano costituite da atomi dello stesso tipo (ferro, idrogeno). Gli elementi che troviamo in natura sono circa 90, ma altri sono stati creati in laboratorio. Gli elementi vengono indicati con dei simboli (composti da 1 o 2 lettere) con le prime lettere del nome in latino (Au=oro).

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Un elemento può essere definito anche come una sostanza costituita da atomi dello stesso tipo.

UNITA’ DI MASSA ATOMICA:

La massa atomica è la massa degli atomi. Atomi dello stesso elemento che differiscono soltanto per la massa vengono chiamati isotopi. Però si è verificato un problema cioè come esprimere la massa degl’atomi (perché se espressa in grammi o chilogrammi sarebbero risultati numeri grandissimi) e questo è stato risolto attribuendo massa 12 all’isotopo di carbonio-12. Di conseguenza una unità di massa atomica (u.m.a.) è pari a 1/12 della massa di un atomo di carbonio-12. Le masse atomiche espresse in u.m.a. vengono chiamate masse atomiche relative (perché esprimono un confronto) mentre la masse atomiche espresse in chilogrammi sono masse atomiche assolute.

1 u.m.a. = 1,6*10 alla -27 kg

COMPOSTI:

I composti sono sostanze costituite da due o più elementi combinati insieme. Quasi tutte le sostanze che conosciamo sono composti, infatti il numero di composti noti oggi supera di gran lunga il milione. Ogni composto ha una composizione caratteristica e quindi per conoscerla dobbiamo utilizzare delle t5ecniche di analisi che ci danno 2 tipi di informazioni: qualitative (quali elementi lo costituiscono) e quantitative (in quali proporzioni, che di solito vengono espresse in termini di percentuali). I composti hanno caratteristiche completamente diverse da quelle degli elementi che li costituiscono.

SISTEMI:

Un sistema è un’insieme di varie sostanze ed è come le troviamo in natura. I sistemi possono essere omogenei o eterogenei. Omogenei quando non troviamo delle superfici di separazione tra una sostanza e l’altra , mentre eterogenei quando queste superfici di separazione sono presenti, ben visibili e nette. I sistemi omogenei prendono il nome di miscela, mentre quelli eterogenei prendono il nome di miscuglio.

MOLECOLE E FORMULE:

Una molecola è un aggregato stabile di 2 o più atomi, legati l’uno all’altro. In chimica i composti vengono rappresentati con delle formule, cioè una scrittura sintetica costituita dai simboli di tutti gli elementi presenti nella molecola. Se sono presenti più atomi dello stesso elemento, il numero di questi viene scritto in basso, a destra del simbolo di tale elemento. Il numero prende il nome di indice stechiometrico. Queste formule forniscono 2 tipi di informazioni:

1. quali elementi costituiscono la molecola (quindi anche il composto)

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LE MOLECOLE DEGLI ELEMENTI:

Abbiamo molecole degli elementi quando due o più atomi dello stesso elemento si uniscono fra loro dando origine a molecole costituite da atomi uguali (molecole omonucleari).

MASSA MOLECOLARE:

La massa molecolare è la massa di una molecola. Generalmente si esprime in u.m.a. e allora viene chiamata massa molecolare relativa, mentre quando viene espressa in chilogrammi si chiama massa molecolare assoluta. La massa molecolare è data dalla somma delle masse di tutti gli atomi che costituiscono la molecola, quindi è molto semplice da calcolare.

LE FORMULE DEI COMPOSTI IONICI:

L’elettricità è una delle caratteristiche della materia. Atomi o raggruppamenti di atomi possono assumere una o più cariche elettriche e, allora, vengono chiamati ioni. I composti ionici sono solo delle sostanze costituite da ioni, ioni di segno opposto che si attirano e restano uniti l’uno all’altro.

LA MOLE COME UNITA’ DI MISURA:

La mole è una delle 7 unità fondamentali del sistema internazionale. La mole è l’unità di misura della quantità di sostanza è il suo simbolo è mol. Una mole è una quantità di sostanza che contiene un numero di entità elementari del tipo specificato uguale al numero di atomi di carbonio-12 contenuti in esattamente 12 grammi di carbonio-12.

LA COSTANTE DI AVOGADRO:

Il numero di atomi di carbonio-12 contenuti in esattamente 12 grammi di carbonio-12 viene chiamato costante di Avogadro ed il suo valore è pari a 6,02*10 alla 23.

LA MASSA MOLARE:

La massa molare di una data sostanza è la massa di una mole di quella sostanza. La sua unità di misura è g*mol.

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CHIMICA ORGANICA

Gli Idrocarburi Aromatici

Composti aromatici – benzene e altri composti che hanno proprietà chimica simili a quelle del benzene.

Benzene – formula: C6H6 – molecola planare. È una catena di atomi di carbonio chiusa ad anello esagonale (v.figura). Molto stabile.

I legami doppi (lunghi 1,34) dovrebbero essere meno lunghi di quelli singoli (che sono lunghi 1,54). I realtà hanno tutti la stessa lunghezza (1,39), si sono stabilizzati ad un valore intermedio. Concetto di risonanza: si ha risonanza

ogni volta che è possibile scrivere 2 o più strutture equivalenti per uno stesso composto. La struttura vera del composto è qualcosa di intermedio fra le due strutture, ed è definito ibrido di risonanza.

Legame ad elettroni delocalizzati – su ogni atomo di carbonio rimane un orbitale che non ha preso parte all’ibridazione e questi orbitali sono perpendicolari al piano su cui giace la molecola. La sovrapposizione fra gli orbitali P non ibridati porta alla formazione di 2 nubi elettroniche a forma di anello, sopra e sotto il piano della molecola.

Le reazioni del benzene – l’anello del benzene è stabile, quindi tende a rimanere inalterato nel corso delle reazioni chimiche. Quindi il benzene non dà facilmente reazioni di addizione, perché queste potrebbero modificare la struttura stabile dell’anello. Dà invece reazioni di sostituizione, come uno o più atomi di H sotituiti da altri atomi o gruppi di atomi.

I composti del benzene sono chiamati composti acrilici.

Se solo un atomo di H viene sostituito da un atomo di alogeno: • Cl ! clorobenzene

• Br ! bromobenzene • I ! iodobenzene

Se due atomi di H vengono sostituiti da due atomi di alogeno: i 2 sostituenti su atomi di

carbonio consecutivi

i 2 sostituenti sono separati da 1 atomo di C non sostituito

i 2 sostituenti si trovano su atomi di C opposti

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Se ci sono tre o più sostituenti, è necessario numerare gli atomi di carbonio dell’anello ed utilizzarli per indicare la posizioni dei sostituenti.

Esempio !

Composti aromatici ad anelli condensati – due anelli si dicono condensati se hanno in comune due atomi di carbonio. Esistono composti in cui 2 o più anelli benzenici si trovano condensati.

Anche questi composti sono aromatici perché presentano le nuvole di elettroni π delocalizzati sopra e sotto il piano della molecola. Esempio in

figura: naftalene, la comune naftalina, che viene usata come tarmicida.

Alcoli – composti caratterizzati dalla presenza di un gruppo funzionale OH. Il loro nome si ottiene dal nome degli alcani con lo stesso numero di atomi di carbonio e sostituendo la desinenza –o con la desinenza –olo. È necessario indicare la posizione del gruppo OH.

Esempio in figura: metanolo, di formula CH3OH. Si classificano in:

alcol primario – se l’atomo di C in cui si trova il gruppo OH è legato ad un solo atomo di C.

alcol secondario - se l’atomo di C in cui si trova il gruppo OH è legato ad altri 2 atomi di C.

alcol terziario - se l’atomo di C in cui si trova il gruppo OH

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Proprietà degli alcoli: sono determinate dalla presenza del gruppo funzionale OH. • punti di fusione ed ebollizione più elevati di quelli degli idrocarburi con stessa

massa molecolare.

• gli alcoli più leggeri sono liquidi a temperatura ambiente, mentre quelli con catene più lunghe (con più di 13-14 atomi di carbonio) sono allo stato solido. • con meno di 5 atomi di carbonio sono solubili in acqua, se ne hanno più di 5

sono insolubili.

Preparazione degli alcoli – gli alcoli hanno grande importanza nell’industira perché vengono utilizzati come mateiali di partenza per la produzione di molti composti organici. Si preparano principalmente attraverso questi 2 processi:

addizione di H2O agli alcheni (idratazione degli alcheni) – questo metodo viene impiegato soprattutto per preparare alcoli contenenti fino a 5 atomi di C. • fermentazione degli zuccheri – viene usata per produrre alcol etilico, il più

importante degli alcoli dal punto di vista industriale. Si fanno fermentare materiali contenenti zuccheri e si ottiene l’alcol etilico, e nella reazione si sviluppa anche CO2.

Reazioni degli alcoli - gli alcoli sono molto più reattivi degli alcani, qusto perché contengono il gruppo OH, cioè un gruppo che presenta polarità nel legame. Nelle reazioni degli alcoli si può verificare la rottura del legame fra l’atomo di C e il gruppo OH, oppure la rottura del legame fra l’atomo di H e l’atomo di O nel gruppo OH. Le più importanti reazioni degli alcoli sono:

Reazione con gli acidi alogenidrici (HCl, HBr, HI) – il gruppo OH viene sostituito dall’atomo di alogeno dell’acido, ottenendo un alogenuro alchilico, + una molecola di H2O.

Disidratazione – avviene in presenza di acido solforico. Dall’alcol si separa una molecola di H2O e si forma un alchene.

Ossidazione – se è un alcol con un agente ossidante è possibile ottenere composti nel quali l’atomo di C a cui era legato il gruppo OH ha un numero di ossidazione maggiore che negli alcoli.

o Dagli alcoli primari ! si ottengono le aldeidi.

o Dagli alcoli secondari ! si ottengono i chetoni.

o Alcoli terziari ! non possono essere ossidati. Caratteristiche di alcuni alcoli

Metanolo – liquido, di sapore gradevole, ma fortemente velenoso: può provocare cecità e morte. Formula: CH3OH, Vedi figura.

Etanolo – importante per l’industria: utilizzato come solvente per lacche, vernici e profumi, o come materia per la sintetizzare molti composti organici. Viene anche impiegato come disinfettante.

Alcol etilico – l’unico alcol tollerato dall’organismo umano, tutti gli altri alcoli sono velenosi. Assunto in quantità eccessiva provoca effeti dannosi anche molto gravi. Presente in tutte le bevande alcoliche in concentrazioni variabili. Le caratteristiche delle varie bevande alcoliche dipendono dal materiale di

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partenza che viene utilizzato per la fermentazione e dal procedimento seguito per la preparazione.

Alcol puro – incolore, ma visto che sull’alcol per la produzione di liquori ci sono tasse molto più elevate che sull’alcol destinato ad altri scopi, l’alcol puro viene denaturato: vengono aggiunte piccole quantità di sostanze che lo colorano, difficli da allontanare.

Polialcoli – sono alcoli che contengono più di un gruppo OH nella stessa molecola. Se i gruppi OH sono 2 ! dioli

Se i gruppi OH sono 3 ! trioli, ad esempio la glicerina, dalla quale si ricavano oli e grassi. La glicerina è largamente impiegata nell’industria farmaceutica, in quella farmaceutica e nella fabbricazione di esplosivi (nitroglicerina).

Eteri – sono composti nei quali due catene idrocarburiche sono untite ad un atomo di O. indicando con R le catene idrocarburiche alifatiche, la formula generale degli eteri è R – O – R’. Le due catene idrocarburiche R ed R’ possono essere indifferentemente uguali o diverse.il nome degli eteri deve specificare quali sono queste 2 catene (es. etere dietilico, etere metiletilico).

I punti di fusione e di ebollizione hanno valori vicini a quelli degli alcani aventi massa molecolare simile.

Sono solubili in H2O, soprattutto quelli con bassa massa molecolare. Vengono utilizzati industrialemnte come solventi, il più importante è l’etere dietilico. È molto infiammabile ed è impiegato in industria come solvente e in medicina come anestetico.

Acidi carbossilici – il gruppo C = O viene chiamato carbonile, e i composti che lo contengono vengono chiamati composti carbonilici. I composti carbonilici sono 2: le aldeidi e i chetoni.

Aldeidi - contengono il gruppo aldeidico ed hanno la formula generale !

Il nome IUPAC si forma da quello degli alcani con lo stesso numero di atomi di C e sostiendo alla desinenza –o la desinenza –ale. Esempio in figura: Metanale (formaldeide, utilizzata come materiale di partenza per la fabbricazione di altri composti organici e di alcune materie plastiche. In soluzione acquosa viene usata per conservare pezzi anatomici).

Le aldeidi si possono preparare in vari modi, il più diffuso è l’ossidazione degli alcoli primari.

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Il loro nome IUPAC si forma da quello degli alcani aventi lo stesso numero dei atomi di C e sostituendo la desinenza –o con la desinenza –one.

Il più noto dei chetoni è l’acetone, un ottimo solvente per composti organici, vernici e lacche.

Caratteristiche generali degli acidi carbossilici – gli acidi carbossilici sono composti che contengono come gruppo funzionale il gruppo carbossilico, COOH. La loro formula generale è (figura). Il loro nome IUPAC si ottiene dagli alcani con lo stesso numero di atomi di C sostituendo alla desinenza –o la desinenza –oioco, e premettendo il termine “acido”. Gli acidi carbossilici vengono chiamati “acidi” perché in soluzione acquosa le loro molecole possono dissociarsi liberando ioni . Si dissociano solo in parte perché sono tutti acidi deboli. La loro formula generica di

dissociazione è

Alcuni esempi di acidi carbossilici:

Acido formico – formula: HCOOH, scoperto dalle formiche. È il responsabile dell’azione irritante delle punture di molti insetti ed alcune piante (es., ortica). • Acido acetico – formula: , isolato per la prima volta

dall’aceto. L’aceto viene prodotto dal vino e da altre bevande alcoliche con basso contenuto di alcol (quindi non dai liquori) per fermentazione. La fermentazione è provocata da speciali batteri che producono enzimi capaci di favorire l’ossidazione dell’alcol etilico ad acido acetico. Questo procedimento non è conveniente se applicato su scala industriale, in industria l’acido acetico viene preparato per ossidazione dell’acetaldeide, o anche di idrocarburi.

Acido butirrico – formula: , forma con la glicerina un estere che è uno dei principali componenti del burro. Quando il burro irrancidisce avviene il processo inverso all’esterificazione: si formano molecole libere di acido butirrico, che danno l’odore sgradevole al burro rancido.

Acido ossalico – formula: , presente in molte piante, è velenoso.

Acidi grassi – sono quegli acidi carbossilici che hanno una catena idrocarburica lineare e che contengono un numero pari di atomi di C, a partire da quello con 4 atomi di C, l’acido butirrico.

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• Acidi saturi – di cui i più importanti sono:

14 carboni: Acido miristico 16 carboni: Acido palmitico

18 carboni: Acido stearico

• Acidi insaturi – di cui i più importanti sono: " Acido oleico.

" Acido lineoleico. " Acido lineolenico.

I grassi vengono spesso chiamati trigliceridi perché provengono dalla reazione di una molecola di glicerina con 3 molecole di acidi grassi (le tre molecole possono essere tutte di uno stesso acido grasso, o anche di acidi grassi diversi).

I saponi – sono fabbricati trattando i grassi con idrossido di sodio o idrossido di potassio. Da questa reazione si ottengono glicerina e una miscela di sali di sodio (o di potassio) degli acidi grassi che costituivano in grasso di partenza, questa miscela è il sapone.

Le Ammine – sono composti organici nei quali uno o più gruppi alchilici sono legati ad un atomo di azoto. Si possono considerare derivati dell’ammoniaca per sostituzione di 1 o + atomi di idrogeno con gruppi alchilici. Si distinguono in:

Se l’atomo di azoto è legato ad un solo gruppo alchilico:

Se l’atomo di azoto è legato a 2 gruppi alchilici:

Se l’atomo di azoto è legato a 3 gruppi alchilici:

Le ammine sono composti basici. Biochimica

Carboidrati – composti che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno. Le molecole di alcuni carboidrati possono essere scomposte in molecole di carboidrati più

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semplici, questi carboidrati sono chiamati monosaccaridi. Le molecole di altri carboidrati sono invece costituite da da più molecole di monosaccaridi unite: si chiamano disaccaridi se contengono 2 unità di monosaccaridi, o polisaccaridi se contengono molte unità di monosaccaridi.

Monosaccaridi – se è presente 1 gruppo aldeidico il monosaccaride è chiamato aldoso, se è presente un gruppo chetonico il monosaccaride viene chiamato chetoso. I monosaccaridi sono classificati in base al numero di carboni presenti nella loro molecola:

• 3 atomi di carbonio ! trioso • 4 atomi di carbonio ! tetroso • 5 atomi di carbonio ! pentoso • 6 atomi di carbonio ! esoso

Sono solubili in acqua, insolubili in alcol etilico e in etere. Esempi:

Struttura ciclica dei monosaccaridi – prendendo ad esempio il glucosio, si può risalire al modo in cui si origina la forma ciclica dei monosaccaridi.

La molecola contiene 5 gruppi funzionali OH e un gruppo aldeidico. Al suo interno avviene una reazione fra il gruppo aldeidico e uno dei gruppi alcolici, di conseguenza la molecola si ripiega su se stessa e forma un anello. Con la chiusura dell’anello si originano due forme cicliche con configurazione diversa, che vengono indicate con α e β.

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Disaccaridi – sono carboidrati costituiti da due molecole di monosaccaridi. Per idrolisi si scindono nei due monosaccaridi costituenti. Le due molecole di monosaccaridi sono unite da un atomo di ossigeno (legame glucosidico).

Esempi di disaccaridi:

Saccarosio – è il più importante dei disaccaridi. La sua formula bruta è C12H22O11. E’ costituito da una molecola di glucosio e da una molecola di fruttosio, unite da un legame glucosidico.

Mortosio – ha sempre formula bruta C12H22O11, si forma durante la fermentazione dell’amido ad alcol etilico (come urante la fabbricazione della birra).

Lattosio – si trova nel latte dei mammiferi ed è fondamentale per il nutrimento dei neonati e dei cuccioli.

Polisaccaridi – composti formati da molte unità di monosaccaridi, tenute insieme da legami glucosidici.

Esempi di polisaccaridi:

Cellulosa – contiene alcune centinaia di molecole di glucosio, uniti insieme da legami β-glucosidici, la massa molecolare è elevata. Le unità di glucosio

formano lunghe catene. A loro volta, queste catene rimangono unite fra loro, l’una accanto all’altra, grazie ai legami ad idrogeno che si stabiliscono fra i numerosi gruppi OH fra esse presenti. La cellulosa è il materiale di sostegno delle piante e il principale costituente del legno. Le fibre tessili di origine vegetale sono costituite da cellulosa, che viene utilizzata per fabbricare la carta, alcune fibre artificiali (come il rayan), materiali artificiali (cellophane e cellulode) ed esplosivi.

Amido – principale materiale di riserva delle piante. (materiale di riserva=sostanza che viene accumulata in certe parti dell’organismo per essere utilizzata quando necessario). Si trova in notevoli quantità nei cereali e nelle patate. L’amido contiene il 20% di amilosio /che è solubile in acqua) e l’80% di amilopectina (insolubile in acqua). Entrambi sono costituiti da unità di glucosio, ma le loro molecole hanno struttura e massa diverse.

Glicogeno – molecole di riserve per gli animali, le catene che lo costituiscono sono più corte di quelle dell’amilopectina e la struttura della molecola è molto più ramificata.

Chitina – rivestimento protettivo esterno dei molluschi e degli insetti.

Carboidrati e organismi animali – le piante sono in grado di sintetizzare i carboidrati mediante la fotosintesi, mentre gli animali non ne sono capaci, devono introdurre attraverso l’alimentazione i carboidrati necessari all’organismo. Le molecole di monosaccaride sono piccole, quindi vengono assorbite attraverso la parete intestinale e portate dal sangue al fegato e agli altri organi. Subiscono poi una serie di trasformazioni (paragonabili ad un processo di combustione: i prodotti finali sono anidride carbonica e acqua). Se con l’alimentazione viene introdotta una

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quantità eccessiva di carboidrati, quelli in eccesso vengono utilizzati per la produzione di glicogeno, che rimane nell’organismo come materiale di riserva e si accumula soprattutto nel fegato e nei muscoli. Il glucosio e il fruttosio sono gli unici carboidrati che possono essere utilizzati direttamente dall’organismo, senza dover subire i processi della digestione.

I lipidi – “lipidi” è un termine generico che comprende diverse classi di composti, tutti insolubili in acqua e solubili in composti organici poco polari o non polari, come l’etere e il cloroformio.

" I grassi – sono presenti in organismi vegetali ed animali. Ogni specie ha i suoi grassi caratteristici, cioè contiene preferibilmente alcuni grassi piuttosto che altri. Negli organismi animali i grassi si trovano nel tessuto adiposo, intorno ai muscoli e agli organi. Hanno diverse funzioni:

Fonte energetica: da 1 grammo di grasso si possoon ottenere 38Kj. Tutte le cellule sono in grado di utilizzare i grassi come fonte energetica, eccetto quelle del cervello, che possono utilizzare solo il glucosio.

Materiale di riserva: l’organismo le usa in caso di necessità.

Come isolante termico: lo stato di grasso sottocutaneo protegge il corpo da bruche variazioni termiche, e dal freddo eccessivo (es. orso bianco).

Permettono l’assorbimento da parte dell’organismo di vitamine (come la A e la D): i grassi di origine animale contengono solo acidi grassi insaturi e sono liquidi a temperatura ambiente.

" I fosfolipidi – derivati della glicerina, nella loro molecola al posto di 1 degli acidi grassi si trova un gruppo fosforico unito ad un’altra catena. Insieme alle proteine costituiscono le membrane cellulari, di cui garantiscono la semipermeabilità e l’elasticità.

" Gli steroidi – hanno un ruolo importante nell’organismo: infatti molte vitamine ed ormoni sono steroidi.

Le proteine – sono i principali costituenti della materia vivente. Negli animali esercitano la funzione di materiale strutturale, perché costituiscono fino all’80-90% dei tessuti. Sono polimeri costituiti da numerose unità di amminoacdi legate insieme.

Gli amminoacidi – quelli naturali che entrano nella costituzione delle proteine sono 23. Sono composti contenenti un gruppo funzionale carbossilico COOH e un gruppo funzionale amminico, NH2 legati alla stessa catena idrocarburica. A temperatura ambiente sono slidi cristallini di colore bianco. Hanno temperature di fusione

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elevate, quando fondono si decompongono. Sono solubili in acqua e insolubili nei solventi apolari, come l’etere e il benzene, perché gli amminoacidi sono ioni dipolari, hanno 2 cariche opposte: positiva sul sul gruppo amminico, negativa sul gruppo carbossilico.

Peptidi – composti che si ottengono dall’unione di 2 o + amminoacidi. Il legame ammidico che si forma fra amminoacidi viene chiamato peptidico.hanno nomi diversi, a seconda del numero di molecole di amminoacidi che li costituiscono:

• 2 molecole di amminoacidi ! dipeptidi • 3 molecole di amminoacidi ! tripeptici

• molte molecole di amminoacidi ! polipeptidi.

Quando la massa molecolare di un polipeptide supera le 10.000 u.m.a. si parla di proteine.

Esempi:

Proteine – vengono classificate in 2 gradi categorie:

Proteine fibrose – le molecole di queste proteine sono formate da lunghe catene di amminoacidi, che tendono a disporsi le une accanto le altre. Fra una catena e l’altra si formano poi legami a idrogeno. In alcune di esse, un fascio di catene si avvolge intorno ad un asse nel senso della lunghezza della catena, formando così un’elica. Sono insolubili in acqua. Hanno funzione soprattutto struttrale. Es. cheratina, collagene, miosina.

Proteine globulari – in queste proteine le Catene peptidiche si ripiegano su sé stesse e la proteina assume una forma pressochè sferica. Il ripiegamento avviene in modo tale che i gruppi aventi cariche elettriche vengano a trovarsi dalla parte esterna della sfera, così questi gruppi sono in grado di interagire con le molecole d’acqua, e quindi le proteine globulari sono solubili in acqua. Le proteine globulari sono quelle che partecipano ai processi vitali, grazie alla loro capacità di sciogliersi in acqua sono fondamentali per la vita. Infatti esse devono potersi spostare da un punto all’altro di una cellula o da un punto all’altro dell’organismo (a seconda delle loro funzioni). Lo spostamento è possibile soltanto se le molecole si trovano disciolte in un solvente. Queste proteine possono spostarsi perché sono solubili nei liquidi presenti all’interno dell’organismo (come il plasma e la linfa) o all’interno delle cellule (liquidi cellulari), che sono liquidi costituiti prevalentemente in acqua.

Denaturazione delle proteine – sotto l’azione del calore, o di acidi o di basi, le proteine subiscono trasformazioni profonde e irreversibili, che impediscono loro di svolgere ulteriormente le proprie funzioni. Questo complesso di trasformazioni è chiamato denaturazione. Es. effetto del bianco dell’uovo attraverso il calore.

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Gli acidi nucleici – sono presenti nel nucleo di tutte le cellule. Svolgono un ruolo essenziale nella trasmissione dei caratteri ereditari e nella sintesi delle proteine. Ci sono 2 tipi di acidi nucleici: acidi ribonucleici (RNA) e acidi desossiribonucleici (DNA). Le molecole degli acidi nucleici sono costituite dall’unione di nucleotidi, ogni nucleotide contiene:

• uno zucchero a 5 atomi di carbonio (ribosio per l’RNA e desossiribosio per il DNA)

• una base azotata (per l’RNA: adenina, guanina, citosina, uracile. per il DNA: adenina, guanina, citosina e timina).

• una molecola di acido fosforico.

RNA – è una singola catena avvolta ad elica. È costituita da 4 nucleotidi: adenosin-monofosfato, guanin-adenosin-monofosfato, citidin-adenosin-monofosfato, uridin-monofosfato. Ogni nucleotide si ripete diverse volte nella catena dell’RNA. L’RNA ha un ruolo fondamentale nella sintesi delle proteine. Diverse sequenze di nucleotidi corrispondono ad “istruzioni” diverse, quindi danno origine a sequenze di amminoacidi diverse, e quindi a proteine diverse.

DNA – sono 2 catene associate fra loro e avvolte ad elica. (struttura a doppia elica scoperta da Watson e Crick nel ’53). La molecola di DNA ha il ruolo di conservare e trasmettere i caratteri ereditari. Attraverso la diversa sequenza di basi viene codificata l’informazione genetica. I suoi nucleotidi si accoppiano così: citosina-guanina e timina-adenina.

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LE FILIERE AGROALIMENTARI

Che cosa sono

Il termine filiera è di derivazione francese: “filière”, che significa: “la succession d’états à traverser, de degrés à franchir, de formalités à accomplir avant de parvenir à un résultat”. Il termine ha assunto una duplice valenza:

- innanzitutto quale concetto relativo a uno strumento teorico, come per esempio nel caso di “mercato”, “impresa”, “produzione”; e ha la funzione di rappresentare in modo generale e astratto certi tipi di relazioni economiche e di interdipendenze;

- inoltre, quale metodo di analisi della realtà produttiva alternativo ad altri. Nello specifico, il metodo relativo alla “filiera” viene preferito ad altri poiché appare più ampio e aperto in relazione ad altre possibili “unità di indagine”, come, per esempio, il “settore economico”, oppure il “distretto industriale”, il “sistema territoriale”; inoltre, esso è più appropriato rispetto allo scopo dell’indagine le relazioni di scambio tra le unità produttive, le imprese e i fenomeni di integrazione c.d. “verticale”.

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Gli studi più recenti hanno evidenziato come queste indagini fossero carenti di “rigore analitico”, poiché il termine “filiera” non è stato costantemente adottato con un significato omogeneo.

A volte ci si riferiva al “sistema” produttivo, altre volte alla “catena” di produzione, altre volte ancora “all’itinerario” seguito nei processi produttivi e così via. Va tuttavia osservato che in ciascuna delle diverse nozioni, seppur non precisamente ricostruite, è riconoscibile l’idea di “collegamento”, “legame”, “interdipendenza” delle varie attività indirizzate alla produzione di un certo bene.

I fenomeni di divisione sociale del lavoro e di specializzazione nella produzione agricola hanno coinvolto il settore agricolo soltanto a partire dal Secondo Dopoguerra, ossia quando il fenomeno di “modernizzazione” e “industrializzazione” ha determinato l’integrazione tra l’agricoltura e gli altri settori produttivi. L’effetto principale di questo fenomeno è consistito nel trasferimento al di fuori dell’impresa agricola di molte funzioni svolte tradizionalmente all’interno di essa, quali la trasformazione del prodotto agricolo (frutta, cereali) in prodotto per il consumatore finale (marmellate, pasta).

La necessità di approfondire il concetto di filiera e la sua applicazione nei rapporti economici nasce dall’intensificarsi delle relazioni intersettoriali che caratterizza il ciclo della trasformazione del prodotto agricolo in prodotto alimentare. Il modello di analisi della “filiera” ha conosciuto un crescente successo poiché consente di analizzare i cicli di produzione agro-alimentari riconoscendone i diversi contributi: alla produzione agricola, all’industria della trasformazione e alla distribuzione del prodotto alimentare trasformato. Tale metodo di ricerca è stato importato dalla scuola economica francese, ed ha avuto felici influenze anche sulla dottrina italiana. Entrambe le Scuole tendono a identificare la filiera come un “processo” che coinvolge soggetti non esclusivamente imprenditoriali e ha quale elemento identificante il prodotto, sia esso oggetto di consumo intermedio, sia di consumo finale, quantunque siano i soggetti che operano nel suo percorso ad assumere un ruolo di primo piano.

Gli ampi studi sulla filiera evidenziano che essa è un modello vincente perché permette di riscoprire “il fattore tecnico come vincolo fondamentale, e strutturante delle relazioni economiche” attribuendo una nuova centralità al momento produttivo rispetto a quello dello scambio. Nel contesto descritto, il criterio di tipo tecnologico assume un rilievo primario nell’analisi dell’assetto agro-alimentare giacché consente di distinguere due modelli di filiera, precisamente:

- filiere “esplosive”, caratteristiche dei prodotti agricoli di base, dove da un unico prodotto di partenza è possibile ottenerne i derivati, come nel caso del rapporto tra latte, prodotto di base, yogurt, formaggio, burro, quali derivati;

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- filiere “implosive”, proprie dei prodotti alimentari finiti che vedono adoperati diversi prodotti di base (come nel caso dei biscotti, dove si utilizza la farina, lo zucchero e, in genere, sia prodotti alimentari di base, sia di prima o seconda trasformazione).

In termini operativi, le fasi di un processo in filiera sono:

• 1. la produzione della materia prima;

• 2. la lavorazione della materia prima per ricavare ed ottenere un prodotto adatto al consumo umano;

• 3. i servizi per qualificare il prodotto;

• 4. la ricerca scientifico-tecnologica che tende a migliorare la materia prima in varie forme e sotto varie aspetti;

• 5. la fase logistica per rendere il prodotto meglio e più rapidamente trasportabile verso i mercati; la più idonea conservazione del prodotto, soprattutto di quello sottoposto a lavorazione;

• 6. le fasi di commercializzazione che individuano e scelgono i mercati, dove il prodotto può essere meglio apprezzato, e quindi, mirano a massimizzare il suo valore.

Il primo risultato dell’operare in filiera è quello di consentire, da un lato, di massimizzare il valore economico del prodotto sul mercato, riducendo le diseconomie dei passaggi fra le varie fasi, dall’altro, di assicurare a ciascuno dei momenti del processo produttivo una ripartizione dei benefici proporzionata ai rischi.

In sintesi, se la gestione di una filiera comporta certamente un maggiore impegno rispetto alla cessione della materia prima, essa assicura ai produttori agricoli un beneficio interessante, ripartendo il rischio e il profitto sull’insieme delle fasi del processo.

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La comprensione di questa fondamentale differenza ha una importanza di rilievo tale da segnare una figura assolutamente nuova e diversa dell’operatore agricolo, soprattutto se esso partecipa direttamente e attivamente alla comprensione e alla necessità di gestione del processo di filiera. La comprensione del concetto di filiera, la sua assimilazione nei comportamenti e la partecipazione alla sua gestione applicativa, costituiscono un momento culturale che definisce una differenza nel modo di produrre e nel modello di comportamento professionale. Il modello di comportamento richiesto dalla filiera determina la capacità di estendere l’interazione con un numero ampio di soggetti. I rapporti sono regolati, oltre che da regole informali e tacite, anche da regole e da contratti formali, che permettono di abituare al rispetto delle regole e di dare ai rapporti di fiducia tempi di maggiore durata.

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LA NORMATIVA COMUNITARIA

L’evoluzione normativa

Prima che della rintracciabilità se ne occupasse il Libro Bianco del 2001, in Europa questo tema era già stato fatto proprio dal Legislatore francese già a partire dagli anni ‘80 del Secolo scorso.

Il termine “filiera” compare nei documenti di programmazione economica riguardanti il settore agricolo alimentare. Tuttavia ancora mancava una terminologia unitaria positivamente determinata per individuare questa tematica.

La nozione di filiera proposta dalla dottrina francese è identificabile con l’idea della “interprofessionalità”, ovvero con l’insieme dei soggetti economici che operano per la produzione di un dato bene, escludendo invece le altre tipologie di agenti – sia amministrativi, sia politici – che solitamente vengono inclusi nelle altre definizioni economiche.

Le attività interessate nella filiera risulterebbero così essere esclusivamente quelle di produzione, trasformazione, commercializzazione senza nessun riferimento a quelle a monte del processo produttivo, come quelle di trasporto o di stoccaggio o di pubblicità, di solito rientranti nelle altre nozioni economiche.

Un tentativo di ampia definizione positiva della rintracciabilità è contenuto nel già nominato Regolamento CE n. 178/02. Si tratta di una formalizzazione di particolare significato, considerata l’importanza della fonte normativa. Secondo l’art. 3 la “rintracciabilità” è “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”. Appare evidente come sia stata recepita la definizione “economica”, invece di quella giuridica, della nozione di filiera, il riferimento in particolare è alla distribuzione dei prodotti alimentari. La dottrina rileva come la questione della rintracciabilità posta in questi termini non riguarda l’individuazione di un metodo, ma di un obiettivo e dei relativi strumenti per raggiungerlo, oltre alla valutazione dell’efficacia di questi e l’elaborazione di ipotesi per raggiungerlo.

Oltre a ciò va sottolineato che la tracciabilità di un percorso produttivo nel settore alimentare non è un’innovazione introdotta con il Regolamento CE n. 178/02, ma già precedentemente si era sentita l’esigenza di ricostruire il cammino produttivo degli alimenti contenenti organismi geneticamente modificati nei loro ingredienti.

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Ci si riferisce al Reg. CE n. 50/00. Altri esempi in questo senso si possono trovare nelle disposizioni relative all’etichettatura delle carni bovine, a seguito del noto e citato caso della BSE, previsto dal Reg. CE n. 1760/00104, allo scopo di rendere conoscibile l’animale da cui la carne venduta al dettaglio proviene. Si tratta di uno dei sistemi di rintracciabilità più completi per il tempo (e l’emergenza) in cui fu pensato, tuttavia va rilevato che esso non è integrale perché non assicura la possibilità di individuare i mangimi consumati, le malattie o altri elementi caratterizzanti la vita dell’animale tracciato.

Precedente al Regolamento CE n. 178/02 è la riforma dell’organizzazione comune del mercato della pesca e dell’acquacoltura, avvenuta con il Reg. CE n. 104/99. Detta riforma ha avuto tra i suoi obiettivi dichiarati quello di migliorare la rintracciabilità dei prodotti ittici con l’obbligo, a partire dal 1 gennaio 2002, dell’etichettatura presso il punto di vendita al dettaglio, nel tentativo di diminuire le frodi sull’origine e la natura delle merci vendute. Nell’ottica del diritto comunitario, quindi, l’etichettatura diventa uno strumento della tracciabilità, segnando un’evoluzione delle strategie, sia giuridiche, sia di policy, atte a combattere le frodi alimentari.

A questo proposito va segnalato il Documento di lavoro dei servizio della Commissione sulla tracciabilità e sull’etichettatura degli OGM e dei prodotti derivati da OGM (ENV/620/2000). Dalle chiare lettere del Documento risulta che la tracciabilità (intesa come “rintracciabilità”) viene definita quale “strumento che aiuta a stabilire l’identità, la storia e l’origine di un prodotto”. In conseguenza di ciò, i sistemi di rintracciabilità in uso vengono impostati su documentazione cartacea o informatizzata oppure su metodi di individuazione per mezzo di analisi. Nello specifico, il Documento afferma che “l’invio e la conservazione delle informazioni pertinenti su un certo prodotto in ciascuna fase dell’immissione in commercio consentono di rintracciare l’identità, la storia e l’origine dello stesso”.

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TRASFORMAZIONE AGROALIMENTARE

La trasformazione agroalimentare è un processo tecnologico ed economico che crea un valore aggiunto ad un prodotto agricolo consentendone l'utilizzazione in forma e condizioni differenti rispetto a quelle originarie al momento della raccolta.

Tipi di Trasformazione

Sotto l'aspetto economico si definiscono tre tipi di trasformazione:

• Trasformazione fisica: il prodotto agricolo subisce manipolazioni meccaniche, fisiche, chimiche e biochimiche che ne modificano l'aspetto, lo stato fisico, la consistenza, la struttura, la composizione chimico-nutritiva, le proprietà organolettiche, la digeribilità, al fine di migliorarne le caratteristiche intrinseche come bene alimentare o, in caso estremo, renderlo un bene alimentare a tutti gli effetti. La trasformazione fisica prende denominazioni specifiche secondo la natura e la tipologia di prodotto sia grezzo, sia trasformato.

• Trasformazione nel tempo: il prodotto agricolo subisce manipolazioni meccaniche, fisiche, chimiche e biochimiche che ne migliorano la resistenza all'alterazione, in modo da permetterne il consumo dilazionato nel tempo o il trasporto a distanza. La trasformazione nel tempo è detta genericamente conservazione e assume denominazioni specifiche secondo la natura del trattamento.

• Trasformazione nello spazio: il prodotto agricolo subisce manipolazioni di natura meccanica e una movimentazione in massa al fine di renderlo commercializzabile in mercati fisicamente distanti dalle stazioni di raccolta. La trasformazione nello spazio è detta genericamente commercializzazione.

La distinzione fra le differenti tipologie di trasformazione, in molti casi, è puramente formale in quanto si possono fra loro integrare, come succede, ad esempio, per la trasformazione fisica e la conservazione, oppure per la conservazione e il trasporto, rendendoli talora inscindibili.

Ad esempio, i processi di produzione dei latticini (formaggio, yogurt, ecc.) sono al tempo stesso di trasformazione fisica e conservazione a carico del latte. Allo stesso modo, il trasporto comporta, nella generalità dei prodotti deperibili, processi di conservazione più o meno blandi che ne garantiscono la durata fino al momento della vendita.

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Processi trasformativi a carico degli alimenti

I componenti chimico-nutritivi dei prodotti alimentari grezzi o trasformati sono soggetti a trasformazioni di varia natura: fisica, fisico-chimica, chimica, biochimica e microbiologica. Il quadro complessivo è eterogeneo, in relazione alle caratteristiche intrinseche del prodotto, alle condizioni operative, agli intervalli di tempo che intercorrono. Una qualsiasi modifica che rientri in questo quadro è una trasformazione o, per distinguerla dalla trasformazione nel tempo e nello spazio, trasformazione fisica (o trasformazione propriamente detta).

Le trasformazioni fisiche spontanee che rientrano negli obiettivi del processo trasformativo sono positive perché costituiscono un risultato desiderato; se invece portano ad esiti imprevisti, se non addirittura dannosi, sono allora dette alterazioni. Le trasformazioni si svolgono spontaneamente, con o senza il controllo dei parametri ambientali ed operativi, oppure artificialmente, creando le condizioni affinché si indirizzino i fenomeni verso il risultato desiderato. Le alterazioni si svolgono sempre spontaneamente; possono essere "fisiologiche", se fanno capo a fenomeni integrati nel ciclo della sostanza organica, oppure essere indotte da particolari condizioni ambientali od operative errate o non ottimali. In ogni caso si interviene per prevenire, arrestare o rallentare lo svolgimento di tali processi quando sono indesiderati.

Uno stesso fenomeno o processo può rappresentare, secondo il contesto specifico, una trasformazione o un'alterazione. Questo si può verificare su prodotti diversi o anche sullo stesso prodotto. Basti pensare, ad esempio, alla fermentazione acetica: è un processo di alterazione se il vino è il prodotto finale, una trasformazione voluta se invece il vino è un prodotto intermedio da trasformare in aceto. Nel primo caso si creano le condizioni per prevenire la fermentazione acetica, nel secondo per far sì che si svolga in modo ottimale.

Nella maggior parte dei casi le trasformazioni comportano il concorso di più fenomeni e più vie metaboliche, parallele o consecutive, di cui una o più assumono le prerogative di trasformazione principale e le altre quelle di processi complementari secondari. I primi sono alla base della tecnologia che identifica genericamente il prodotto trasformato (es. la fermentazione alcolica nella vinificazione, la coagulazione della caseina nella caseificazione). I processi secondari, invece, rientrano nei fenomeni connessi alla maturazione, fondamentali per il conferimento delle proprietà organolettiche che tipicizzano le varianti del prodotto (bouquet, aroma, consistenza, ecc.). I processi fondamentali sono in generale ben conosciuti nella loro dinamica al punto che in alcune tecnologie si possiede un livello di conoscenza tale da poter guidare la trasformazione con il controllo rigoroso dei parametri ambientali, dello stato fisico e strutturale, della composizione chimica, degli organismi coinvolti, ecc.

La maggior parte delle trasformazioni è di natura biochimica, per l'azione di enzimi endogeni o esogeni. Sono endogeni gli enzimi propri dell'organismo da cui deriva

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l'alimento, sono esogeni quelli prodotti da organismi che vengono a contatto, accidentalmente o meno, con l'alimento. In quest'ultimo caso si parla per lo più di trasformazioni microbiche in quanto i processi enzimatici sono prodotti da batteri, attinomiceti e funghi. Questi ultimi rientrano in genere nelle categorie delle muffe (Penicillium, Aspergillus, Rhizopus, ecc.) e dei lieviti (Saccharomyces, Torula, Candida, ecc.).

Glucidi

I principali processi trasformativi a carico dei glucidi sono riconducibili ai seguenti:

1. idrolisi dell'amido e di altri polisaccaridi alimentari;

2. ossidazione completa degli zuccheri (respirazione cellulare) 3. fermentazione.

L'idrolisi dell'amido è un processo enzimatico attuato da amilasi endogene, con formazione di disaccaridi (maltosio) e monosaccaridi (glucosio). Si svolge spontaneamente nel corso della maturazione della frutta, oppure è un processo attivato artificialmente per ottenere substrati fermentescibili da prodotti amilacei (cereali, patate) per la produzione di bevande alcoliche.

La respirazione è il complesso di reazioni che comprende la glicolisi, la decarbossilazione ossidativa del piruvato, il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. Comporta l'ossidazione totale degli zuccheri con produzione di anidride carbonica e acqua. È un processo desiderato quando deve condurre ad una moltiplicazione dei microrganismi (fermenti). Si verifica, ad esempio, durante la prima fase della vinificazione (fermentazione tumultuosa) e durante la lievitazione nella panificazione. In generale, però, la respirazione è un processo negativo in quanto riduce le proprietà nutritive ed organolettiche dell'alimento (es. riduzione del tenore zuccherino nella frutta) o le proprietà tecnologiche del prodotto agricolo (es. riduzione della resa in zucchero delle barbabietole). È quasi sempre di natura endogena perché rientra nei processi metabolici fisiologici delle cellule ed è favorita dalle temperature ambientali alte e dall'aerazione.

La fermentazione, a differenza della respirazione, è un processo ossidativo incompleto che si svolge in condizioni di anaerobiosi. Le fermentazioni sono generalmente operate da Batteri e Lieviti, genericamente detti fermenti. Le fermentazioni degli zuccheri seguono, almeno in parte, la via metabolica della glicolisi e si differenziano fondamentalmente dalla respirazione nella trasformazione che subisce l'acido piruvico. I più importanti processi fermentativi a carico degli zuccheri sono la fermentazione alcolica, la fermentazione omolattica e la fermentazione eterolattica.

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Prodotti del metabolismo glucidico

Gli alcoli, i composti carbonilici e gli acidi organici presenti in un prodotto agroalimentare sono soggetti, come gli zuccheri, a trasformazioni fermentative che influiscono sulle proprietà organolettiche dell'alimento. La natura di questi processi fermentativi, gli organismi coinvolti e il ruolo svolto nella trasformazione, variano secondo i casi, ma in generale si tratta di processi collaterali o consecutivi che rientrano nella generalità dei fenomeni connessi alla maturazione e alla stagionatura del prodotto. Fra i vari processi fermentativi si citano i seguenti:

• Fermentazione glicerica: processo complementare della fermentazione alcolica, conferisce morbidezza al vino, ma oltre una certa soglia ne altera negativamente le proprietà organolettiche.

• Fermentazione propionica: processo di maturazione fondamentale per alcuni formaggi (Asiago, Emmental, Edam, Groviera, Gouda, ecc.) perché produce la tipica occhiatura e le proprietà organolettiche associate.

• Fermentazione butirrica: è una fermentazione secondaria di un'alterazione, il gonfiore tardivo, a carico dei formaggi stagionati (es. Grana).

• Fermentazione malolattica: è una fermentazione secondaria nella vinificazione che riduce la percezione dell'acidità fissa e conferisce più morbidezza e corpo ai vini rossi. È invece un processo dannoso per la maggior parte dei vini bianchi.

• Fermentazione acetica: è una trasformazione ossidativa fondamentale per la produzione dell'aceto, ma per alcuni alimenti è un'alterazione a tutti gli effetti (vino, frutta, miele, ecc.).

• Fermentazioni aromatiche. Attuate da fermenti eterolattici, sono processi secondari che portano allo sviluppo di composti carbonilici, in particolare acetaldeide e diacetile. Sono ad esempio processi di maturazione fondamentali per il conferimento dell'aroma al burro.

Proteine

Le proteine sono interessate soprattutto dalle seguenti trasformazioni:

• denaturazione; • reazioni di Maillard; • proteolisi;

• putrefazione.

La denaturazione delle proteine consiste nella perdita della struttura quaternaria, terziaria o secondaria. Gli agenti diretti della denaturazione sono fattori fisici o chimici, fra i quali le alte temperature, l'abbassamento dell'attività dell'acqua, l'aumento della concentrazione ionica del mezzo e, infine, le variazioni del pH. Gli

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effetti principali della denaturazione consistono nella perdita di solubilità e delle proprietà biologiche e chimico-fisiche specifiche.

La reazione di Maillard, meglio conosciuta come caramellizzazione, è un processo chimico complesso che coinvolge le proteine e gli zuccheri a seguito dell'azione delle alte temperature, con formazione di composti carbonilici, composti azotati condensati (melanoidine) e idrossimetilfurfurale (HMF). Fra le conseguenze più importanti ci sono: l'aumento delle proprietà aromatiche, in genere sgradevoli, l'imbrunimento, causato dalle melanoidine, la riduzione della digeribilità delle proteine.

La reazione di Maillard è indotta in particolare dalle alte temperature sviluppate con la cottura, in relazione alla durata di esposizione, oppure da cattive condizioni di conservazione di alcuni alimenti, per esposizione alla luce e a temperature alte. In genere è un fenomeno negativo che provoca un decadimento qualitativo del prodotto per l'imbrunimento e il sapore di cotto, vi sono tuttavia casi in cui l'alterazione è desiderata perché migliora le proprietà organolettiche o tecnologiche del prodotto, come ad esempio nel caso del caffè e del malto torrefatti.

La proteolisi e la putrefazione sono due processi fra loro strettamente correlati, il primo come il preludio al secondo e, in parte, si sovrappongono con intensità via via crescente della putrefazione. La proteolisi consiste nella rottura della struttura primaria delle proteine e, quindi, nello sviluppo di catene polipeptidiche più piccole e amminoacidi liberi. Porta ad un aumento della digeribilità delle proteine ma, anche, ad una potenziale riduzione del loro valore nutritivo. La putrefazione consiste invece nella distruzione degli amminoacidi, con conseguente sviluppo di composti fortemente aromatici derivati dal metabolismo dell'azoto e dello zolfo. I primi sono responsabili di odori pungenti e sgradevoli che ricordano, ad esempio, il pesce marcio, i secondi degli odori sgradevoli che ricordano le uova marce.

La proteolisi è un processo utile e desiderato se procede in modo controllato e non particolarmente spinto. Una moderata proteolisi modifica infatti lo stato strutturale dell'alimento migliorandone le proprietà organolettiche e, entro una certa misura, la digeribilità. Una blanda alterazione degli amminoacidi, riconducibile ad un principio di putrefazione, è inoltre positiva in quanto può migliorare le proprietà aromatiche e la serbevolezza dell'alimento. Queste azioni si verificano, in particolare, nei trattamenti di maturazione delle carni macellate fresche e dei formaggi.

Subito dopo la macellazione la carne ha caratteristiche di scarsa commestibilità che migliorano con la frollatura a causa del rigor mortis e dello stato strutturale delle proteine muscolari. La frollatura, attuata da enzimi di origine microbica e tissulare, permette alla carne di acquisire un maggior grado di tenerezza e succosità, una perdita di colore. Lo sviluppo moderato di sostanze aromatiche (chetoni, aldeidi, ammoniaca, ammine, idrogeno solforato, ecc.) conferisce alla carne una maggiore serbevolezza. Un'elevata carica microbica iniziale, un prolungamento della frollatura

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e un'alterazione delle condizioni ambientali rendono tali processi di tipo degenerativo e causano il deperimento per putrefazione.

Nei formaggi la proteolisi rappresenta il processo più importante e anche più complesso nella fase di maturazione: la trasformazione delle proteine è infatti fondamentale per la modifica della consistenza e della tessitura dovuta alla rottura del reticolo caseinico, per migliorare la capacità di ritenzione dell'acqua, per dare sapidità in seguito al rilascio dell'acido glutammico, ecc.. L'intensità e il ruolo di queste trasformazioni e il loro rapporto con l'altro processo fondamentale, la lipolisi, cambiano secondo i contesti e concorrono alla differenziazione delle varie tipologie di formaggi.

Lipidi

I lipidi presenti negli alimenti sono rappresentati, per la quasi totalità, dai trigliceridi degli acidi grassi, ossia i grassi propriamente detti. Questi composti sono soggetti fondamentalmente a tre tipi di trasformazioni:

• idrolisi;

• irrancidimento chetonico; • irrancidimento ossidativo.

L'idrolisi, o inacidimento, è favorita dall'umidità e, soprattutto, dall'azione combinata della luce e della lipasi, enzima di natura endogena o esogena. Questa trasformazione scinde il grasso in glicerolo, mono e digliceridi e, infine, acidi grassi liberi. Si svolge in particolare negli alimenti ricchi d'acqua (grassi animali) e nei frutti oleosi (es. le olive). Si tratta di un'alterazione perché può sviluppare acidi grassi a basso peso molecolare, responsabili di cattivi sapori, e perché predispone gli alimenti all'irrancidimento ossidativo.

L'irrancidimento chetonico è un'alterazione microbica, frequente nei frutti e semi oleaginosi provvisti di un certo grado di umidità. Porta alla formazione di odori e sapori sgradevoli dovuti alla formazione di metilchetoni, ma in alcuni casi è un processo desiderato, come nella maturazione dei formaggi erborinati (Gorgonzola, Roquefort, Brie, Camembert, ecc.).

L'irrancidimento ossidativo è l'alterazione più grave e più frequente a carico dei grassi alimentari. Sono colpiti, oltre i grassi veri e propri, anche i fosfolipidi e alcuni composti organici formati da catene idrocarburiche (es. i caroteni). Il processo è di natura chimica e sviluppa radicali, che per la loro reattività innescano una propagazione a catena. Nella fase di terminazione i radicali si stabilizzano formando composti organici vari. Fra questi sono presenti aldeidi e chetoni volatili responsabili dell'odore di rancido. L'alterazione è favorita dall'esposizione alla luce, alle temperature alte, dalla presenza di perossidi, dal contatto con alcuni metalli, dalla presenza dell'enzima lipossidasi.

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Composti presenti negli alimenti possono rallentare l'innesco dell'irrancidimento (antiossidanti) oppure accelerarlo (pro-ossidanti, come la mioglobina, l'emoglobina e la clorofilla). La predisposizione è comunque il risultato di un complesso insieme di fattori che possono proteggere gli alimenti o esporli maggiormente a questa alterazione.

Polifenoli

Presenti in quantità limitate, ma non trascurabili negli alimenti di origine vegetale, i polifenoli sono soggetti ad un chimismo che si riflette sostanzialmente sul colore e sul sapore.

Le influenze sul colore sono dovute all'imbrunimento enzimatico, processo porta alla formazione di polimeri pigmentanti, generalmente di colore nero o bruno. Il processo si svolge in più tappe, di cui le prime, catalizzate dalle polifenolossidasi di natura endogena, consistono fondamentalmente nell'ossidazione delle funzioni fenoliche con formazione di chinoni. All'ossidazione segue la condensazione dei chinoni, non enzimatica, con formazione dei polimeri. Si tratta di un'alterazione causata per lo più da traumi che permettono il contatto delle polifenolossidasi con i polifenoli. È frequente in molti frutti e ortaggi che tendono ad imbrunire dopo le operazioni di taglio (es. banane, mele, carciofi, patate, ecc.) e rappresenta uno dei principali fenomeni da prevenire nella preparazione di conserve vegetali (surgelati, succhi di frutta, ecc.).

In alcuni casi l'imbrunimento enzimatico moderato è invece un processo desiderato nella preparazione industriale di alcuni alimenti o assimilabili ad essi, come i datteri, il sidro, il tè, il cacao e il tabacco.

Le influenze sul sapore sono più complesse e portano alla formazione di composti che stimolano la percezione dell'amaro e del piccante. Uno degli esempi più noti è rappresentato dal ruolo dei polifenoli dell'olio d'oliva, che con il retrogusto amaro e la percezione moderata del piccante, contribuisce a costituire il fruttato.

Una trasformazione che coinvolge una categoria di polifenoli, i tannini, è l'interazione dei loro prodotti di ossidazione con le proteine, con formazione di complessi di condensazione responsabili di intorbidamenti in alcune bevande (es. birra, liquore di mirto).

Acqua

Pur non essendo interessata direttamente da trasformazioni chimiche, l'acqua è coinvolta spesso negli effetti fisici o fisico-chimici indotti dalle manipolazioni. Le trasformazioni più importanti si possono ricondurre ai seguenti aspetti:

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• Variazione delle interazioni di superficie fra acqua e altri componenti.

L'attività chimica dell'acqua (aw) è un indice della sua "disponibilità" per i processi biologici, biochimici e chimici. Il suo valore varia da 0 (valore teorico in un qualsiasi sistema contenente acqua) a 1 (acqua pura); quanto più è alto tanto più l'alimento è suscettibile alle alterazioni che richiedono un certo tenore idrico.

La riduzione dell'attività chimica dell'acqua si ottiene con diversi trattamenti di conservazione e fondamentalmente comportano una riduzione del tenore idrico totale o del tenore in acqua libera. In generale si tratta di un fenomeno desiderato, ai fini conservativi, in quanto ha un effetto batteriostatico. È invece una trasformazione negativa quando l'effetto principale è la perdita del turgore cellulare, come si verifica in generale per la frutta e gli ortaggi destinati al consumo fresco.

Le interazioni di superficie fra l'acqua e gli altri componenti dell'alimento hanno implicazioni differenti da prodotto a prodotto e, in molti casi, sono di grande importanza ai fini della trasformazione. L'acqua si trova negli alimenti sotto differenti forme[11][12], di cui quelle più importanti ai fini della conservazione sono l'acqua libera e quella debolmente legata, in equilibrio fra loro. Le dinamiche, in senso positivo o negativo, interessano solo queste forme, dato che le altre riguardano una frazione non disponibile.

La dinamica dell'acqua libera è importante in molti processi di lavorazione o di maturazione degli alimenti: nella frollatura (carni fresche), nello spurgo della cagliata (formaggio), nella zangolatura (burro), nella gramolatura (olio d'oliva), ecc. Per alcuni processi l'obiettivo è l'allontanamento di una parte dell'acqua libera mediante sistemi meccanici indotti o spontanei, per altri è la rottura dell'emulsione fra l'acqua legata e le micelle, per altri ancora è invece la stabilizzazione delle emulsioni o dell'acqua di ritenzione (es. maionese, carne, passata di pomodoro). In generale, l'acqua residua ha un ruolo importante nell'influenzare le caratteristiche organolettiche di consistenza del prodotto finale (es. carne, formaggio).

Trasformazione fisica

La trasformazione fisica, intesa come modificazione artificiale della commestibilità del prodotto agricolo, ha origini antiche e si è evoluta parallelamente all'agricoltura, rendendo le due attività complementari.

Le finalità di questi processi sono svariate: in alcuni casi è indispensabile affinché il prodotto agricolo acquisisca caratteristiche di commestibilità (ad esempio, i prodotti di alcune colture oleaginose e da zucchero), in altri casi è utile affinché siano migliorate le sue prerogative come alimento (ad esempio, i cereali), in altri mira ad ottenere alimenti alternativi al prodotto agricolo tal quale (ad esempio la vinificazione dell'uva, la caseificazione del latte).

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Con il progresso tecnologico, l'evoluzione dei gusti e degli stili di vita ha portato alla ribalta anche processi di trasformazione non indispensabili, ma che sostituiscono le manipolazioni tradizionalmente eseguite dal consumatore finale. Un esempio è la panificazione: in passato il prodotto agricolo trasformato era rappresentato dalla farina, usata dalle famiglie per la preparazione del pane. Oggi questo utilizzo è praticamente scomparso nella società moderna e la preparazione del pane è demandata quasi esclusivamente ai panifici artigianali o industriali. Mutamenti analoghi, anche se meno drastici, si stanno verificando anche per altri alimenti, con la diffusione sempre più crescente dei cosiddetti semilavorati e dei cibi precotti.

Trattamenti meccanici

Sono trattamenti meccanici quelle manipolazioni che non intervengono direttamente sui componenti chimico-nutritivi, bensì sulle proprietà meccaniche dei prodotti, quali l'aspetto, la consistenza, la forma, ecc. Meccanici sono anche diversi metodi di frazionamento, che portano alla separazione del prodotto in due o più macrocomponenti. In alcuni casi le caratteristiche intrinseche del prodotto trasformato sono determinate dal trattamento stesso (ad esempio, la molitura dei cereali). In altri, le proprietà acquisite permettono le lavorazioni successive (ad esempio, la macinazione dei semi oleaginosi). In questi ultimi casi la finalità del trattamento è la possibilità di eseguire una lavorazione successiva oppure aumentare la resa alla trasformazione.

Il singolo trattamento meccanico o un insieme di trattamenti meccanici, possono avere la duplice connotazione di lavorazione principale o complementare. Ad esempio, nella produzione delle farine di cereali, le manipolazioni meccaniche costituiscono la lavorazione principale, mentre in molti alti processi di trasformazione sono lavorazioni complementari di preparazione che hanno la finalità di migliorare la movimentazione, lo stoccaggio, l'estrazione di specifici componenti. I trattamenti meccanici cambiano secondo le caratteristiche intrinseche del prodotto grezzo e quelle del prodotto trasformato. Sono manipolazioni meccaniche:

• Cernita: seleziona i prodotti in classi granulometriche differenti, li separa dalle impurità e dai tipi non rispondenti ai requisiti merceologici. Alla cernita si assimilano anche le operazioni di lavaggio, in quanto separano le impurità dal prodotto.

• Decorticazione, denocciolatura, detorsolatura, sfogliatura: separano il prodotto da tegumenti esterni, semi, tessuti interni quando questi possono ostacolare le lavorazioni successive o alterarne il risultato. A queste manipolazioni si assimila anche la scarificatura, che consiste nell'abrasione meccanica dei tegumenti.

• Frammentazione: riduce il prodotto in frammenti di dimensioni minori. Le finalità sono intrinseche alla tipologia di prodotto trasformato, in altri sono

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complementari alle lavorazioni successive. La tipologia della frammentazione varia dalla triturazione alla frantumazione, al taglio in fette, cubetti, liste, ecc. • Macinazione o molitura: modifica la struttura e lo stato fisico del prodotto

grezzo, trasformandolo in farina o in una pasta semifluida. Anche questa lavorazione può avere finalità differenti da caso a caso. Alla terminologia generica si sostituiscono talvolta termini specifici di determinati processi (es. frangitura per le olive, pigiatura per l'uva, ecc.).

Gramolatura della pasta d'olio finalizzata a "rompere" l'emulsione acqua-olio. Secondo le norme vigenti, gli oli vergini di oliva devono essere prodotti solo con processi meccanici.

• Ventilazione. Ha lo scopo di separare i componenti solidi di prodotti frammentati o macinati in funzione della granulometria e del peso. Le finalità possono essere specifiche in qualche caso, ma in generale la ventilazione è un processo meccanico complementare ai trattamenti di raffinazione, quando fra le proprietà merceologiche del prodotto trasformato rientra anche il grado di finezza (es. farine).

• Spremitura, torchiatura. Hanno lo scopo di separare i componenti solidi da quelli liquidi con l'impiego di sistemi basati sulla pressione e sul drenaggio. • Filtrazione, setacciatura, sgrondatura: sono lavorazioni concettualmente

differenti ma che fondamentalmente si identificano in metodi di frazionamento che sfruttano la forza inerziale o la forza di gravità per separare componenti solidi da quelli liquidi oppure solidi di differente granulometria. Secondo i casi la separazione si esegue per caduta o trasporto idraulico o pneumatico in pressione, con l'impiego di dispositivi filtranti, vagli, crivelli.

• Centrifugazione: è un altro metodo di frazionamento che sfrutta la differente reazione inerziale dei componenti alla forza centrifuga impressa da una rotazione.

• Omogeneizzazione: utilizzata su latte e derivati, ma anche su altri prodotti come alimenti per la prima infanzia definiti appunto omogeneizzati, produce una forte riduzione delle particelle nelle emulsioni o nelle sospensioni con l'obiettivo di grande omogeneità e stabilità.

Ai trattamenti meccanici si può assimilare anche il complesso di operazioni che si posiziona all'inizio della filiera di trasformazione della carne e del pesce in strutture specifiche che, nella generalità dei casi, sono fisicamente separate dalle aziende di produzione. Tali operazioni contemplano la macellazione, il dissanguamento, la scuoiatura, la spennatura, l'eviscerazione, il taglio, ecc. Nei sistemi socioeconomici avanzati questi processi sono rigidamente regolamentati e sottoposti al controllo veterinario, per ragioni igienico-sanitarie ed etiche.

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