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Cristianesimo e mondo moderno

CAPITULO I Il contesto storico 11

1.6. Cristianesimo e mondo moderno

programma di riforme messo in atto dal suo governo. In realtà la guerra libica non esaudì le aspettative che aveva suscitato. Delusi furono coloro che avevano creduto di poterne trarre grandi vantaggi. Tale senso di insoddisfazione verso l’operato del governo si manifestò nel crescente movimento nazionalistico che, in polemica contro il sistema giolittiano e contro il sistema democratico-liberale, si era schierato a favore della guerra.

Gli stessi settori favorevoli alla partecipazione nell’espansionismo coloniale trascinarono lo Stato italiano nella catastrofe della Prima guerra mondiale.

Per concludere, è necessario fare qualche osservazione su quello che fu il maggior evento di portata internazionale della storia novecentesca, vale a dire lo scoppio del primo conflitto mondiale. Contribuì al verificarsi della situazione bellica il concorrere di vari fattori storici quali imperialismo, industrializzazione, conflitti sociali. Nel loro complesso decretarono la fine di un’epoca, che ha nella cosiddetta Belle Époque un ultimo singulto, e posero le premesse di quella contemporanea. In questo processo di trasformazione che caratterizzò il periodo di fine secolo, la guerra mondiale viene considerata da molti un limite cronologico a partire dal quale può dirsi compiuta la fase di cambiamento, o se si vuole di crisi, apertasi nel secolo precedente. In questo senso viene letto da alcuni storici il significato del conflitto bellico che coinvolse quell’Europa che aveva goduto nella seconda metà dell’Ottocento di un lungo periodo di pace, “la guerra mondiale inaugurò tragicamente una nuova fase storica, in cui nuovi protagonisti irruppero sulla scena, segnando la crisi dell’Europa liberale e borghese”29.

alcune fasi determinanti della storia della Chiesa cattolica, presenza costante nelle vicende spagnole e italiane.

È interessante osservare che i fenomeni di miscredenza e i mutamenti della mentalità religiosa non riguardavano più solo alcuni settori delle classi che godevano di un’educazione superiore, ma si diffondevano in vasti strati sociali. Alla “società cristiana”

retta da norme di convivenza ispirate ai precetti della religione subentrava così la “società industriale” prevalentemente laica e agnostica. Le trasformazioni sopravvenute nella struttura e nell’organizzazione sociale, proprie di un nuovo modello di convivenza civile, portavano al graduale abbandono delle pratiche religiose e al distacco dalla Chiesa dei ceti borghesi e degli operai urbanizzati. La concomitanza di multiformi elementi, come ad esempio la scolarizzazione, la partecipazione consapevole ai processi produttivi, il diffuso sradicamento dalle comunità di origine dovuto al fenomeno dell’urbanesimo, fu determinante in tale senso.

Inoltre vanno prese in considerazione la nuova fisionomia degli Stati e la nuova impostazione nelle relazioni con le istituzioni ecclesiastiche. Gli Stati dell’Europa occidentale sperimentavano un graduale processo di laicizzazione che si traduceva in una limitazione, a volte radicale, del potere temporale della Chiesa all’interno delle istituzioni statali. Stato e autorità ecclesiastica si scontravano su alcuni aspetti fondamentali del vivere civile - quali l’educazione, il matrimonio, l’assistenza agli indigenti e agli ammalati-, che entrambi consideravano di propria competenza. La divisione di compiti e funzioni tra le due entità si ispirava a un principio liberale che prevedeva la gestione del potere temporale da parte dello Stato e la limitazione dell’azione ecclesiastica alla sfera prettamente religiosa. La tendenza alla laicizzazione delle istituzioni e dei poteri statali venne accentuata, in ambito politico, da un diffuso atteggiamento di indifferenza verso quest’ultima, di cui non si tollerava nessuna ingerenza negli affari statali e che arrivò a concretarsi in posizioni di vero e proprio anticlericalismo. Nonostante il profondo conflitto che si creava tra la Chiesa e il mondo moderno, essa conservava tuttavia una forte influenza sulla popolazione grazie a una rete capillare di istituzioni parrocchiali, diocesane e il quasi esclusivo monopolio sull’istruzione.

Questi processi condizionarono la storia della Chiesa cattolica nel periodo compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. In un primo momento, durante il papato di Pio IX, dopo aver simpatizzato con le rivolte popolari del

‘48, si optò per seguire una linea di chiusura, di separazione netta tra Chiesa e società moderna, rafforzata da atti manifesti di aperta condanna verso quelle che si consideravano

dottrine pericolose per i valori cristiani, vale a dire il liberalismo, il socialismo e la democrazia. L’atto più significativo di questa reazione oltranzista fu la redazione dell’enciclica Quanta Cura (1864) accompagnata dal Sillabo, dove si elencavano tutte le teorie e i principi che la Chiesa considerava nemici della dottrina cristiana. L’unica via di salvezza individuata da Pio IX era la difesa rigorosa della dottrina e delle pratiche devozionali tradizionali. Tale linea intransigente venne profilata in occasione del Concilio Vaticano I (1870) durante il quale fu sancito il principio di infallibilità del Papa.

Un simile atteggiamento da parte delle istituzioni ecclesiastiche era stato alimentato non solo dalla volontà di contrapporsi al complesso dei rilevanti fenomeni storici che stavano trasformando radicalmente la società occidentale, ma fu anche un atto di difesa politica, giacché con il processo di unificazione della penisola italiana e l’annessione di Roma al territorio del nuovo regno, lo Stato Pontificio rimase di fatto mutilato e il Papa privato di ogni potere temporale. A questo proposito, il conflitto tra Stato e Chiesa che in altri paesi europei prese forma nell’atteggiamento anticlericale dei rispettivi governi, in Italia diede origine alla spinosa “Questione romana”. Il Papa Pio IX si dichiarò prigioniero del Regno d’Italia e proibì ai cattolici, pena la scomunica, di partecipare alla vita politica nazionale.

Il prevalere del Cattolicesimo più intransigente non contribuì però a rendere più compatto il mondo cattolico. Anzi, le decisioni prese nel Concilio Vaticano I dalla gerarchia ecclesiastica provocarono divisioni e lacerazioni all’interno del cattolicesimo europeo. Tra i cattolici c’era chi sentiva l’impellente necessità di avvicinare le varie istituzioni religiose alla nuova realtà, di adeguarle alle radicali e irrefrenabili trasformazioni in atto e che conducevano ad una profonda disgregazione sociale. L’azione di questi gruppi, accorpati nel nascente fenomeno del “cattolicesimo sociale”, era mossa dalla volontà di offrire una soluzione, consona ai principi cristiani, dei profondi conflitti originati dalla moderna società industriale capitalistica. Così sotto il pontificato di Leone XIII, questo movimento trovò riscontro nelle alte sfere ecclesiastiche con la pubblicazione dell’enciclica Rerum Novarum (1891). La Chiesa cattolica interveniva in modo propositivo nella questione operaia. A tale apertura sul piano sociale corrispondeva quella in ambito politico. Papa Leone XIII si fece promotore, escludendo dell’Italia, di un atteggiamento conciliante tra i membri della Chiesa e le classi dirigenti degli Stati europei.

L’avvicinamento promosso da Leone XIII tra lo Stato liberale e le classi borghesi coincideva con i crescenti timori di una rivoluzione sociale. I governi incapaci di arginare e controllare l’aggressività dei lavoratori se non con misure repressive, si sentivano

minacciati. Dinnanzi al pericolo di sovversione dell’ordine esistente lo Stato cercava di scendere a patti con gli organismi in contatto diretto con il popolo come lo erano appunto le organizzazioni religiose.

Con l’inizio del pontificato di Pio X (1903), l’atteggiamento del nuovo Papa fu meno tollerante rispetto al suo predecessore. All’interno della Chiesa stroncò il tentativo di riforma religiosa conosciuto con il nome di “modernismo”, scomunicando i principali esponenti (enciclica Pascendi 1907), e all’esterno frenò il processo di conciliazione con le classi dirigenti. Nonostante ciò, i progressi fatti da alcuni gruppi cattolici sul piano politico e sociale erano ormai irreversibili.

Per quanto riguarda la storia della Chiesa cattolica in Italia si sono già descritte le difficili relazioni tra Stato Pontificio e italiano culminate con il non expedit di Pio X che minacciava di scomunicare i cattolici che fossero andati a votare. Solo con il governo Giolitti, i cattolici vennero finalmente coinvolti nella politica del Paese. Eletto capo del governo nel 1903, egli aveva intuito il ruolo decisivo che potevano rivestire nelle elezioni l’ampia porzione di popolazione italiana che seguiva le direttive del papato; tra una formazione di sinistra e una conservatrice, anche se liberale, avrebbero sicuramente appoggiato quest’ultima, la sua.

La storia ottocentesca della Spagna, invece, come si è visto era stata segnata dal grave contrasto tra liberali-repubblicani e conservatori-monarchici che racchiudeva non solo questioni politiche ma anche motivazioni religiose. La fazione dei carlisti, infatti, si fece paladina della difesa del Cattolicesimo e della Chiesa cattolica duramente provata.

Una linea anticlericale però si mantenne, anche dopo la Costituzione del 1876, nel periodo della Restauración con l’affermarsi della monarchia parlamentare di ispirazione liberistica. Per questo motivo, in Spagna, la politica conciliante di Leone XIII favorì l’avvicinamento del clero alla borghesia liberale e alla classe dirigente. Un aspetto importante della storia della Chiesa, in questo periodo fu l’incontrastata posizione egemonica che ebbe sul sistema educativo e che influenzò, o meglio ostacolò, pesantemente il progresso in senso moderno del mondo intellettuale spagnolo.

CAPITOLO II

Storia del dibattito critico sui concetti di “Decadentismo” italiano,

“Generación del 98” e “Modernismo” spagnolo

Dopo l’esteso excursus storico del capitolo precedente, riteniamo opportuno offrire di seguito un’esauriente disamina su due nodi cruciali della storiografia italiana e spagnola. Si può osservare infatti il susseguirsi di diverse elaborazioni di categorie periodizzanti lungo gran parte del Ventesimo secolo, relative al periodo compreso tra la fine dell’Otto e l’inizio del Novecento, in cui si può individuare una prima convergenza tra i due ambiti letterari. Dare precisazioni sui dibattiti sollevati dal problema della terminologia, legato tra l’altro a quello ben più basilare della sistemazione di schemi definitori, ci è parso fin da subito di primaria importanza. Infatti da uno sguardo d’insieme sulla bibliografia critica è evidente che degli stessi vocaboli, ora “Decadentismo” italiano ora “Generación del 98” e “Modernismo” spagnolo, si prestino, in tempi differenti, a connotazioni difformi finendo per creare una notevole confusione semantica30.

Nostro compito sarà ricomporre le storie di critica letteraria cresciute intorno all’incessante ricerca di un significato da attribuire a quelle etichette. Si tratta di nozioni tanto capitali, sia per la storia delle lettere sia per la tradizione critica novecentesca italiana e spagnola, da non poter esser ovviate nella fase preliminare di uno studio che intende mettere a confronto autori e opere coinvolti nel processo di formulazione di nuove poetiche. Ci soffermeremo dunque sulle principali tendenze che determinarono l’evolversi dei concetti in esame, per poi approssimarci all’operazione revisionista avviatasi su entrambi i fronti nei primi anni Ottanta del Novecento. Abbozzeremo infine delle ipotesi specifiche sulla cui base si orienterà il successivo sviluppo del presente lavoro.

Qui di seguito presenteremo, in ordine cronologico e raggruppati rispetto ai diversi modelli interpretativi, i singoli contributi dati dai protagonisti e le polemiche suscitate dai fenomeni letterario-culturali in questione31.

30 Abbiamo scelto di racchiudere tali denominazioni tra virgolette e di scriverle con maiuscola allo scopo di evidenziarle, quali oggetti del nostro studio, e di uniformarne l’ortografia.

31 Il carattere assimetrico dell’impostazione data alle ricognizioni critiche riflette, nonostante l’interesse comparativistico che muove tali indagini, le peculiarità che contraddistinguono i due ambiti. Da sottolineare soprattutto l’accordo unanime nell’uso di un unico termine “Decadentismo” per l’Italia, di contro all’esistenza di due termini “Generación del 98” e “Modernismo”, diversamente connotati, per la Spagna.